Il pregnante termine ‘ciociarità’ fu coniato da quell’illustre ciociaro che fu Anton Giulio Bragaglia, ci informa il libro “CIOCIARIA SCONOSCIUTA” di Michele Santulli, e la ciociarità folklorica, per intenderci, del Cassinate, del Sorano, del Fondano, della Valle di Comino, non ha bisogno di alcuna dimostrazione, tanto essa è connaturata con i luoghi in questione. Epperò è opportuno soffermarsi un istante su tale elementare presa di coscienza poiché è invalso infatti il costume, -o la moda, non si capisce bene- almeno in certi ambienti di Cassino, non solo di ignorare la suddetta, ripeto, senz’altro elementare realtà quanto di intraprendere ad operare perfino una distinzione tra Ciociaria e Terra di Lavoro, commettendo dunque una duplice sciocchezza : prima di tutto ritenere che “Ciociaria” sia un concetto territoriale o perfino geografico con tutto quello che tale fatto comporterebbe e, secondo nonsenso, continuare a parlare di Terra di Lavoro come se fosse amministrativamente o politicamente o geograficamente connotabile, ignorando che Terra di Lavoro semplicemente non esiste o per lo meno esiste a livello di nostalgia, come la Dacia o la Cirenaica o Littoria, o Rodesia, ecc. Ripescare poi concetti che appartengono ormai alla storia quali ‘borbonico’ o ‘papalino’ e pretendere perfino di attualizzarli, fa precipitare il contesto nel ridicolo e quindi indegno di prenderne coscienza. Senza menzionare il particolare, come ci ricorda sempre il libro “CIOCIARIA SCONOSCIUTA” che nell’800 -e non solo allora- Terra di Lavoro nella sua parte settentrionale, cioè quella ciociara, era così ben individuata nella sua identità che veniva chiamata normalmente ‘Abruzzi’ ! E ancora oggi tale retaggio è duro a morire poiché ogni qualvolta ci si riferisce a qualcuna delle località della zona, specie gli stranieri continuano a parlare di Abruzzi ! E a dispetto di tale realtà storica che non fa che confermare una precarietà connotativa dei luoghi semplicemente inconfutabile, certi personaggi pubblici di Cassino e perfino qualche giornale periodico locale continuano imperterriti e imperturbabili a seminare confusione ed a sollevare polveroni riesumando il concetto: Terra di Lavoro oppure sostenendo addirittura che i cassinesi fisicamente sono più simili ai formiani e ai gaetani piuttosto che ai frusinati !!
“Ciociaria” dunque veniva definito, scientificamente già dal 1850-60 dal Gregorovius, il territorio dove si indossava il costume ciociaro e si calzava un certo tipo di calzatura. E che i ciociari fossero alti o bassi, bruni o biondi, che parlassero italiano o turco, mangiassero polenta o maccheroni, fossero papalini o borbonici, non interessava minimamente ai fini di detta configurazione solo folklorica.
Anche la Ciociaria è oggi un termine ideale come Terra di Lavoro : chi indossa più lo straordinario costume, le magnifiche cioce ? ma, e qui è l’aspetto storico e corretto, tra i due non vi è alcun rapporto poiché “essere ciociaro” è come dire “mangiare la polenta” o “bere la tequila” cioè indica una realtà folklorica che è valida solo in questo senso e per una certa zona e che può trovarsi dovunque : è perciò poco sensato mescolare realtà folkloriche e realtà politiche e perfino amministrative. Ora le cioce documentariamente e storicamente si indossavano in Terra di Lavoro Settentrionale, a Roma e nel territorio a Sud dell’Urbe vale a dire nella Ciociaria storica. Poco importa se si parlava napoletano o romano o fondano e se i figli di papà andavano all’università a Roma o a Napoli o a Milano e se i mezzi agricoli erano più romani o più napoletani : assieme a mille altri, sono tutti aspetti ed elementi che non riguardano l’idea di Ciociaria, che, ripeto, è un concetto squisitamente folklorico individuato e localizzato in generale dal medesimo costume e dal medesimo calzare. L’unica questione, semmai, è l’individuazione territoriale generale dove appunto si calzavano le cioce, quelle classiche si intende ! E nella dottrina del folklore è ormai una convinzione acquisita che l’abito è uno degli elementi più qualificanti e probanti nella connotazione e individuazione di un certo territorio. E questa parte settentrionale di Terra di Lavoro folkloricamente era fin troppo elementarmente ciociara e chi sostiene ancora la leggerezza che facesse adombrare il contrario o qualcosa di diverso, abbiamo di fronte un seminatore di fumo o un disinformato.uesto senso e che q Se si ha voglia e piacere di studiare ed approfondire allora si renderebbe veramente un servigio alla società e alla cultura se si iniziasse a verificare se per Terra di Lavoro settentrionale il concetto “ciociarità” non implichi anche una realtà più ampia di quella solo folklorica. Nel libro “CIOCIARIA SCONOSCIUTA” tale tentativo è stato fatto, lasciando aperte molte stimolanti ipotesi e possibilità. E’ solo questione di ricerca e di studio.
Le responsabilità e gli impegni sono ben altri. Ancora esiste la possibilità di giocarsi in maniera intelligente tale realtà storica e come tale incontrovertibile della ciociarità di questo territorio rappresentato dal Cassinate, dal Sorano e anche dal Fondano. Chi ha visitato una delle mostre già svolte di Frosinone o di Sora o di Veroli o di Alatri sul successo straordinario del costume ciociaro e di certe località ciociare nella seconda metà del 1700 e per tutto il 1800, si è reso conto dell’enorme patrimonio culturale connesso con le opere pittoriche esposte. E, in questo contesto, se si tiene a mente la realtà della posizione di Cassino di quasi cerniera tra Sud e Nord, allora possiamo veramente a grosso titolo definirla la “PORTA DELLA CIOCIARIA” conferendo in tal modo alla città un ruolo prestigioso aggiuntivo a quelli già consolidati di teatro della seconda guerra mondiale e patria di Montecassino cercando anzi questo terzo ruolo di “Porta della Ciociaria” di gestirlo in modo un po’ più stimolante e produttivo di quanto si è non-fatto per gli altri due!
Cassino, a seguito delle immani distruzioni dell’ultima guerra, ha perso non solo per intiero la sua fisicità cioè le case le chiese le strutture urbanistiche ma, ancora più grave, ha perso tutti i suoi punti di riferimento culturali, artistici, letterari e la città -se si esclude quanto realizzato da Montecassino e dall’Università- ancora oggi soffre pesantemente di tale avulsione culturale ed artistica dal proprio passato, della perdita cioè della sua memoria storica. Ecco quindi una occasione veramente memorabile da cogliere immediatamente e cioè di impiantare una pinacoteca di pittura ciociara dell’800 che non solo equivarrebbe in effetti alla riappropriazione ai cittadini di Cassino di un patrimonio comune del passato quanto anche a farsi promotrice e guida delle radici e delle tradizioni di tutta la regione ciociara. Se così fosse, ecco il modo intelligente di promuovere questo terzo ruolo di Cassino come “Porta della Ciociaria” ora che anche la struttura museale cittadina volge finalmente al suo compimento. Una eredità, dunque, quella del folklore ciociaro, da salvaguardare e, se si è capaci, di valorizzare. Una iniziativa che di un colpo collocherebbe Cassino al primo posto delle città della Ciociaria.
Una delle sicure conseguenze è che finalmente inizierebbe a realizzarsi quel vecchio sogno che assilla i cassinati da cinquant’anni a questa parte e cioè quello di dirottare finalmente verso Cassino-città una parte di quel milione e passa di pellegrini che ogni anno salgono le pendici di Montecassino e che Cassino la vedono solo dall’alto e poi tirano dritti. Il bel museo d’arte è sempre un potente richiamo turistico oltre che motivo di prestigio e di gratificazione. Il bel museo d’arte, s’intende.
E quindi l’appello al Governatore Storace, tra l’altro molto legato alla città, a dar seguito alle espressioni di compiacimento e di ammirazione espresse in occasione della sua visita alla esposizione “CIOCIARIA SCONOSCIUTA” a Frosinone e magari farsi fattivo promotore della realizzazione della pinacoteca ciociara dell’800 a Cassino, procedura peraltro già impostata dalla sua compagine amministrativa poco più di un anno fa. La On. Formisano e l’On. Gargano, entrambi cassinesi e che pur siedono sugli scranni della Giunta Regionale, non possono che attestare maggiormente la unicità ed irripetibilità del presente momento storico per finalmente avviare un discorso costruttivo su cultura e arte a Cassino. Il medesimo appello va rivolto naturalmente al Sindaco di Cassino, all’abate di Montecassino e al Rettore della Università.
E anche le sicuramente sacrosante rivendicazioni di completa e totale autonomia amministrativa del Cassinate, del Sorano, della Valcomino e, in aggiunta, di Formia e Gaeta rispetto alle attuali province di Frosinone e di Latina, si può essere certi che necessariamente acquisirebbero un sapore di maggiore serietà ed attendibilità. A differenza dunque della completa malformazione mentale che caratterizza alcune persone che, al contrario, ritengono titolo negativo ai fini della suddetta autonomia amministrativa essere considerati ‘ciociari.
Michele Santulli