Non va dimenticato che all’estero risiedono centinaia di migliaia di ciociari e che i primi ad aver battuto le strade del mondo per fame e miseria sono stati proprio i ciociari. E anche questa dei nostri connazionali sparsi per il mondo è una ulteriore pagina completamente ignorata e trascurata dalle nostre beneamate istituzioni. Cioè non si immagina nemmeno quanti dei nostri connazionali al di là delle Alpi riscuotono successo e onori nelle attività più disparate senza che nella loro patria adottiva, certamente la patria dei loro padri, la Ciociaria, nulla e niente si sappia e, quello che è più deplorevole, nemmeno ci si preoccupa, anzi: si sente l’esigenza, di sapere.
Una di queste glorie incredibili si chiama anzi si chiamava Michele Gerardo Giuseppe Colucci. Già il cognome fa pensare subito a Casalvieri. ‘Coluche’ è l’equivalente francesizzato di Colucci, che si diede per rendersi più comprensibile. Una gloria, ma vera, della Francia e dei francofoni del pianeta: non c’è cittadino francese che non conosca Coluche, che non lo ricordi, che non sappia recitarti una delle sue migliaia di espressioni rimaste proverbiali. In Francia ma anche nel Madagascar alla Guadeloupe alla Réunion, dovunque nel mondo si parli francese.
Non c’è città della Francia dove non vi sia una strada o un parco o una scuola o un teatro o una sala cinematografica o una istituzione che non abbia il suo nome. A Parigi gli è dedicata una delle piazze più grandi della metropoli, nel quartiere XIII-XIV dove era nato e dove è sepolto. A Casalvieri, dove Onorio Colucci padre di Coluche nacque nel 1916, non v’è traccia di commemorazione di Coluche: siamo, dunque, nella Ciociaria deteriore, nella Ciociaria del cemento armato e dell’asfalto, delle cattedrali nel deserto, del disastro ambientale.
Coluche è stato uomo di teatro, di cinema, di spettacolo, di musica, di letteratura, ha lavorato coi più grandi artisti del nostro tempo: uomo libero, trasgressivo, mai volgare, sempre realistico e concreto e pragmatico, in certi casi spietato, coraggioso fino alla fine, senza retorica, senza infingimenti patetici: ‘non sono un nuovo ricco, ma un vecchio povero’ soleva dire, non dimentico mai della sua origine, pur in mezzo al benessere raggiunto.
Gli unici per i quali aveva attenzione e riguardi erano gli indifesi e i poveri, i derelitti della società. Ma non a belle parole.
Nella targa della piazza a lui dedicata si legge: ” XIV Arr. Place Coluche 1944-1986, comédien, humoriste, fondateur des ‘Restos du Coeur’.
Sì, ‘I Ristoranti del cuore’ detto in italiano. Qualcuno ha già scritto su qualche media locale su Coluche ma io voglio in particolare illustrare brevemente un aspetto della sua fulgida e enormemente ricca esistenza e, in conseguenza, per quale ragione oggi il suo ricordo è sempre vivissimo in ogni francese, letteralmente, e per quale ragione sulla sua tomba ogni giorno vi sono tre o quattro mazzi di fiori freschi, normalmente e regolarmente, pur se morto da venticinque anni.
La vita di Coluche fu la vita del sottoproletariato, il padre morì a soli 31 anni quando Coluche ne aveva solo tre, quindi problemi normali delle esistenze ai limiti della società, dimenticate, ignorate, in mezzo alla strada, senza conseguire nemmeno il certificato di terza media (ma in verità lo conseguì): la strada fu la sua scuola e la sua maestra di vita. Con enormi sacrifici e impegno e pericoli, dopo aver praticato sin dai dieci anni di età i mestieri più disparati (lui ne elencava quattordici, con orgoglio) approdò, trovando la sua strada autentica, nei cabarets, nei cafés chantants, nei teatri, alla radio, alla televisione, sullo schermo, occupando con il suo umorismo indescrivibile e la sua vena inesauribile, le scene e i microfoni di tutta la Francia per oltre venti anni.
Mai dimentico dei derelitti e dei poveri pur se ormai divenuto ricco e celeberrimo, mai dimentico altresì degli arrembaggisti, degli intrallazzatori, degli approfittatori, dei privilegiati, degli sfruttatori, uno degli argomenti prelibati delle sue scorribande artistiche e umoristiche ma feroci e spietate.
Sempre pronto all’aiuto. “Non sono un nuovo ricco, ma un vecchio povero”.
E un giorno l’idea che lo ha reso veramente immortale: potrebbe sembrare che si stiano impiegando parole grosse, in realtà sono quelle corrette, specie se riferite a Coluche: assicurare a tutti i poveri e i mendicanti di Parigi un piatto caldo almeno nei mesi invernali, ogni giorno, nelle piazze della città, all’aperto. E quindi tanti suoi soldi personali e quelli degli amici e conoscenti dagli stessi sentimenti, dedicati a questo scopo. Ed è uno spettacolo inimmaginabile, unico al mondo, se si fa attenzione specie verso il tramonto, a quello che succede in certe piazze della metropoli francese da quasi trenta anni: grossi assembranti di persone, fari accesi, enormi banconi dove inservienti con grande passione e, lo possiamo costatare, amore, servono piatti caldi alla umanità derelitta. Un movimento enorme di strutture, di mezzi, di aiutanti e di disperati. Ogni sera, in molte piazze. Oggi c’è sempre questo avvenimento ma a poco a poco la iniziativa ha preso piede, si è ampliata nel suo soccorso e comincia ad avere da anni anche delle strutture al coperto finalizzate ad altre forme di aiuto.
Dove prendono i soldi? Non è come certe strutture che si fanno belle coi soldi degli altri. Nei ‘Restos du coeur’ solo il 30% viene dalle Istituzioni, il resto, la gran parte, viene dai contributi dei privati. Oggi il bilancio annuale è di circa cento milioni di Euro! Una cifra enorme, perché enorme è il bisogno. Il 15% viene dal Governo in quanto ha riconosciuto questa istituzione allo stesso livello della Croce Rossa, il 15% viene dalla Unione Europea, un quarto viene da un’altra iniziativa inaudita che si svolge ogni anno, puntualmente dal 1986: tutti gli attori o gran parte di essi, cantanti, clowns, musicisti, di cinema, di teatro, artisti di ogni tipo, famosi e non, una volta o due l’anno offrono gratuitamente i loro spettacoli nei teatri, nei cinema, alla radio, alla televisione in onore di Coluche e i ricavati dei biglietti, delle prestazioni, dei dischi vengono devoluti ai ’Restos du coeur’: in media 25 milioni di Euro all’anno. Il restante viene raccolto con le contribuzioni spontanee e volontarie dei cittadini. Va detto in merito che il governo francese, pratico e intelligente e attento, nel 1988 se non rammento male la data, ha promulgato una legge, che si chiama addirittura ‘Legge Coluche’, con la quale decreta che chiunque contribuisce ai ‘Restos du coeur’, gran parte di questo contributo può dedurlo dalle proprie tasse!
Oggi, ma già da anni, la istituzione è presente, per fortuna e per sfortuna, letteralmente in tutta la Francia: si contano duemila centri ‘Restos’! Gli impegni si sono ampliati: non solo i pasti caldi specie nei mesi invernali ma anche vettovaglie e alimentari per i bisognosi, ma ogni giorno dell’anno, aiuti ai bambini per gli asili nido, aiuti vari, aiuti ai vecchi in bisogno.
Imprese ed enti hanno messo a disposizione locali e strutture al coperto, anche i grandi magazzini e supermercati devolvono regolarmente una parte dei loro acquisti di vettovaglie.
Altro fatto eccezionale è che la ormai gigantesca e capillare istituzione si regge quasi esclusivamente non solo sui liberi contributi ed offerte dei cittadini quanto sull’aiuto indispensabile e costante delle veramente migliaia di volontari provenienti da tutte le classi sociali che rendono possibile lo svolgimento delle attività: è, lo possiamo dire, perfino commovente apprendere che importanti professori universitari, celebri primari ospedalieri, imprenditori, funzionari d’alto livello, uomini e donne, normalmente, da sempre, almeno una volta la settimana, inderogabilmente, senza affettazione e esibizionismi, assieme e affianco alle altre categorie sociali più disparate e diverse, sono presenti nei ‘Restos du coeur’ a servire e a dar da mangiare ai poveri, in tutta la Francia.
Politica, religioni, ideologie, partiti politici non esistono e non contano.
L’anno scorso i Restaurants du Coeur di Coluche hanno servito cento milioni di pasti!
I bisogni purtroppo crescono, anche in Francia.
Michele Santulli