Oggi la situazione dell’arte nel mondo per colui che vuole capire e tirare insegnamenti e conclusioni attendibili e fedeli, è impresa disperata e impossibile. Si assiste ad avvenimenti e a fatti che ci portano a costatare che tutto, arte, bellezza, qualità, si sono confusi e divenuti elementare primordiale mercimonio: cioè un artista -usiamo questo termine- è divenuto esattamente e spietatamente come una saponetta o una pillola o una camicia: sono le regole del commercio che rendono buono e appetibile un’opera d’arte (usiamo sempre questo termine per capirci) anche quando è molto arduo definirla tale: i protagonisti di questa nuovissima e rivoluzionaria situazione che quotidianamente diviene più virulenta, sono da un lato il mercante o gallerista e dall’altro il compratore: il primo escogita tutti gli espedienti e tecniche promozionali per far crescere sempre più in alto le quotazioni del suo protetto e dall’altro lato il compratore il quale, ormai, è solo e quasi esclusivamente lo speculatore finanziario: in effetti l’oggetto d’arte è divenuto una azione di borsa, un settore di investimento! L’opera d’arte non si acquista per amore per trepidazione per commozione e non di rado con sacrifici e rinunce, ma solo ed esclusivamente come qualsiasi bene finanziario che si aspetta che aumenti di prezzo! E qui ci arrestiamo.
E Dante D’Andrea? E’ stato tre volte sfortunato, come non pochi come lui: non ha trovato il mercante a lui adatto, i suoi siano essi parenti o cultori o collezionisti, non sono stati in grado o non hanno potuto/voluto promuoverlo e farne conoscere il messaggio artistico e, non ultimo, era veramente grande e quindi troppo umile e modesto, mai soddisfatto, sempre alla ricerca. Ovviamente non parliamo delle pubbliche istituzioni che pur avrebbero l’obbligo di saper valorizzare e promuovere i figli eccelsi a beneficio della collettività, perché troppo occupate a cementificare e a asfaltare, sia in quel di Cassino e sia in quel di Fondi/Lenola, patrie adottive del Maestro, figlio di Napoli.
Ora a seguito di una iniziativa privata vengono esposti per la prima volta circa settanta disegni e acquarelli risalenti ad un periodo compreso tra il 1966 e il 1975, il grosso risalente agli anni 1970-73, vale a dire al periodo della piena maturità dell’artista e dei suoi più elevati conseguimenti. Le opere non sono mai state esposte quindi sono meravigliosamente inedite e una sorpresa ad ammirarle. Si tratta di un nucleo acquistato dalle mani stesse dell’artista, in gran parte controfirmate e datate, perciò particolarmente preziose e appetibili.
E l’iniziativa, pur se con mezzi modesti, si propone proprio di risvegliare finalmente l’attenzione, ma seriamente e intelligentemente, su questo specialissimo artista, sia da parte dei diretti interessati soprattutto collezionisti ed amatori e sia da parte delle istituzioni preposte: alludiamo quantomeno alla Università, all’istituto d’arte e all’Accademia del capoluogo.
E a dispetto dunque di tale contesto tutt’altro che stimolante e gratificante, ancora più luminosa è la figura di Dante D’Andrea e ancora più imperdonabile la sua emarginazione. Si ascolti che cosa mai hanno scritto di lui e dei suoi disegni e acquarelli alcuni personaggi massimi della cultura italiana. A questo proposito va espresso il concetto che Dante D’Andrea era eminentemente un illustratore e disegnatore, la sua vena poetica e ideologica è solo attraverso l’opera grafica che si è espressa e palesata pienamente e meritatamente, “l’impennata del segno è la tua impronta più diretta” dirà Domenico Purificato, perciò è qui che si manifesta e consolida la sua grandezza:
-)“… I disegni del D’Andrea sono interessanti per l’entusiasmo e la non banale ingenuità dei soggetti, ma soprattutto per la chiarezza del linguaggio figurativo”: Salvatore Quasimodo;
-)“..i disegni mi sono molto piaciuti. Hanno, spesso, una verità e una freschezza di foglia di ramo”: Giuseppe Marotta;
-)“…Ho guardato attentamente i Suoi disegni che mi hanno interessato, sia per la gentilezza del segno, sia per la seria impostazione delle loro composizioni…”: Vasco Pratolini;
-)“…i suoi disegni testimoniano una sicura e consumata padronanza del mezzo espressivo…”: Primo Levi;
-) “Certo che là, dove conservi l’impennata del segno è, a mio avviso, la tua impronta più diretta, la tua presenza più spontanea e qualificante, direi la tua firma più personale”: Domenico Purificato;
-)“Quello che più colpisce nei disegni di D’Andrea….è la loro assoluta innegabile consapevole fedeltà alla figura umana…”: Michele Prisco.
Ma questi sono solo alcuni dei giudizi e commenti emessi dai critici e cultori sulla sua opera, soprattutto quella grafica, la più spontanea e la più rappresentativa, anche ideologicamente. Dante D’Andrea era un socialista, ma non di quelli accademici e convenzionali e parolai, bensì militante e convissuto e anche questo aspetto della sua personalità, in un contesto puramente e pienamente democristiano quale quello in cui è vissuto, non gli ha certamente giovato al fine di possibili riconoscimenti pubblici: splendidi e tutti da pubblicare e illustrare i suoi disegni e acquarelli e interventi analoghi sperduti nel privato collezionismo aventi per oggetto le lotte partigiane e della resistenza, quelle della guerra nel Vietnam, quelle della violenza e prevaricazione in genere nei regimi autoritari, quelle degli operai sempre oppressi e sfruttati: voglio ricordare uno dei suoi riconoscimenti e anche successi più qualificanti e cioè le sue illustrazioni e vignette sull’Avanti, alla sue poca un nobile e seguito quotidiano, dove d’Andrea era regolarmente presente, in prima pagina: illustrare sull’Avanti non era solo motivo di prestigio ma riprova e conferma di non comuni prerogative artistiche.
Michele Santulli