L’unica vera luce che continua ad essere accesa e ad illuminare questa terra, e non solo questa, è il museo artistico di Montecassino gestito e amministrato dai monaci benedettini. E’ museo inteso in senso proprio dove sono offerti alla ammirazione e contemplazione e anche allo studio del visitatore una vasta gamma di reperti: argenteria e oreficeria antica di altissimo significato e varietà, pregevolissima pinacoteca in prevalenza riferita al monachesimo benedettino, libri codici e manoscritti, stampe antiche e disegni, paramenti sacri e altro. In tutta la sua millenaria storia è rintracciabile questo filo rosso di Montecassino: ‘esporre’ ‘esibire’ ‘mostrare’ tutto il suo impegno e il suo fervore profusi al fine di sempre meglio cantare e venerare la gloria e la grandezza del Signore e l’amore per la Divinità. E in conformità agli insegnamenti di San Benedetto, la bellezza e la perfezione sia della natura in tutte le sue manifestazioni e sia delle opere d’arte nel Tempio basilicale dovevano essere un mezzo per coinvolgere al meglio sia i monaci e sia i fedeli nella coralità di tale inno alla Divinità. E in effetti un elemento della vita cenobitica era anche la presenza nel Monastero della cosiddetta ‘Sala della Mostra’ in cui in certe occasioni e in certi casi, quindi in modo non programmato e regolare, venivano esposte le opere d’arte presenti nell’Abbazia.
E siffatto percorso iniziato nel corso dei secoli passati è sfociato nel museo quale oggi godiamo ed ammiriamo, che ne è la naturale evoluzione: esso fu aperto nel 1980 in occasione del XV centenario della nascita di San Benedetto quando abate era don Martino Matronola: rappresentò una fortunata e felice concomitanza perché veniva ad essere data realizzazione ed estrinsecazione, questa volta in maniera programmatica e generalizzata, a quell’amore dell’arte quale modo sublime e confacente per parlare con Dio come raccomandato dal Santo Fondatore. Dapprima una pregevole esposizione di arte sacra, oggi il Museo, grazie anche ad ampliamenti e miglioramenti continui e regolari, nel rispetto e nell’osservanza di tutti i parametri museologici ed espositivi, è una realtà significativa nella cultura non solo italiana. E’ vero che il Museo ha per tema Montecassino nei secoli e quindi numerosi reperti in esposizione illustrano e documentano la storia del Cenobio nei secoli epperò -per ricollegarmi a quanto più sopra- dire che è il Museo della storia di Montecassino, pur essendo comunque tale qualificazione alta garanzia di impegno, è in realtà in qualche modo una diminutio poiché in verità più in generale gli oggetti esposti hanno una loro individualità e una loro fisionomia che prescindono dai legami con l’Abbazia: questa ne è la destinataria e la attenta custode. Voglio dire che quanto è esposto agli occhi dei visitatori, specie per i settori canonici e tipici, quali la bibliofilia e la oreficeria, entrambi nelle loro varie estrinsecazioni, rappresentano il meglio o quasi il meglio in assoluto, cioè il livello ottimale, veramente museale. E questo impegno nella ricerca e nel perseguimento della qualità, nonché della rarità, dell’oggetto, è una scaturigine alla quale perveniamo nella visione degli oggetti medesimi. Voglio dire, ancora, che non siamo al normale pur se conosciuto museo diocesano o vescovile o perfino civico, pur se di pregio. Parliamo di museo vero e proprio e, inoltre, di un grande museo. Il Museo di Montecassino è perciò l’epitome del meglio della ‘stanza delle meraviglie’ di cui parla la Storia dell’Arte cioè delle grandi collezioni d’arte impostate dai cultori di tutti i secoli fino ad oggi. Infatti l’obiettivo e la cura del Museo di Montecassino è la qualità eccellente dell’oggetto esposto, non trascurando la varietà e la quantità, ma tutto nell’ambito di una scelta ben determinata e individuata. La sezione dedicata, per esempio, alla oreficeria sacra è semplicemente altissima nel suo livello. Un analogo si può trovare credo presso poche istituzioni museali mondiali.
Il medesimo livello lo si riscontra nella sezione dedicata alla bibliofilia. Magnifici corali, stupendi libri d’ore, rarissimi incunaboli e documenti. Ma ciò che rende questa sezione unica e, ripetiamo l’aggettivo, eccezionale è la presenza del documento dove sono registrate le prime parole italiane che si incontrano nella nostra storia letteraria e cioè il cosiddetto “Placito cassinese”, una pergamena risalente all’anno 960 che riporta la famosa formula : “sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette Sancti Benedicti”.
Altresì presente in questa sezione un altro documento di altissima rarità e cioè il cosiddetto “Lattanzio”, che rappresenta il primo libro stampato in Italia nel 1465, dieci anni dopo Gutenberg e, il caso vuole, a Subiaco, in Ciociaria dunque, sempre in un monastero benedettino! E, per rimanere sempre nel libro, vale a dire nella fonte di tutto l’umano e della civiltà, qui si ammira anche uno dei libri stampati da Aldo Manuzio, pure ciociaro, a Venezia nei primi anni del 1500, dove per la prima volta si nota la punteggiatura e il corsivo modernamente intesi. Tali monumenti bibliografici non solo evidenziano e sottolineano il ruolo svolto dalla Ciociaria nel suo contributo alla civiltà non solo nazionale quanto esaltano e contraddistinguono la funzione e la validità del Museo di Montecassino, loro degno custode e mentore. Che i sindaci di Latina e di Frosinone facciano opera di sensibilizzazione presso le loro scuole di ogni ordine e grado nelle rispettive province.
Michele Santulli