CIOCIARIA E ROMA, ROMA E CIOCIARIA

I rapporti tra Roma e la Ciociaria fanno parte delle pagine inesplorate della Storia: la Caput Mundi e la sua ‘ombra’ distesa ai suoi piedi che è appunto la Ciociaria! E’ come voler parlare, si dirà, dell’apprendista, dell’allievo, del servo e non del maestro: non ne vale la pena! Basti ricordare che i figli “dell’ombra di Roma” erano individuati e chiamati: guitti, cioè pagliacci, morti di fame, straccioni e buffoni: un termine che già all’epoca romana veniva impiegato riferito agli antenati dei ciociari che erano gli osci, gli ernici, gli equi, i volsci, uomini delle montagne, definiti ‘osceni’ per la loro parlata disarticolata e per il comportamento primitivo. Questo è quanto si conosce e si ripete dei figli “dell’ombra di Roma”, da venti secoli e passa, fino ad oggi. Si aggiunga che ogni tanto appaiono sulla scena dei personaggi, tipo ’francone er batman’ o il ‘vaccaro di castelliri’, che pare vogliano alimentare tale maldicenza. L’ombra di Roma è il territorio esteso all’incirca fino al Garigliano o fino al Liri, a seconda delle vicende storiche: una volta Campania Regio una, poi Latium, poi Campagna di Roma, poi altre connotazioni e negli ultimi due secoli: Ciociaria, frantumata in tre province: LT, FR e parte di Roma. Guitti, ‘osceni’, rozzi, così individuati! Eppure…ma si ascolti.

Stando all’occhio fine di Virgilio, il primo esempio di democrazia, di sovranità popolare, lo si registra in questa Terra, a Priverno, allorché i sudditi presero a calci in culo il loro re perché divenuto troppo tiranno e arrogante e lo cacciarono via. Quale lezione di civiltà! Apprendiamo, attraverso una osservazione di Anton Giulio Bragaglia, che mentre sui Monti Ernici e Lepini le mura delle antiche cittadine brillavano di bianco a causa della pietra appena scolpita, ai piedi del Palatino, dove sorgerà Roma, non si sentiva ancora che il gracidare delle rane in un pantano infinito attorno al Tevere… Poi in epoca repubblicana, apprendiamo che il primo impegno a favore dei poveri dell’epoca, che la prima legge per la concessione della cittadinanza romana ai forestieri e stranieri, le prime riforme agrarie a favore dei reduci, furono opere dei figli di questa terra ai piedi di Roma; apprendiamo che il termine ‘augusto’ a Ottaviano fu proposto da un atinate; che al Rubicone erano presenti un generale di Ferentino e due atinati affianco a Cesare; che gli ammiragli della battaglia navale ad Azio determinante per i destini di Roma, furono un arpinate e un atinate; che la conquista della Britannia o Gran Bretagna, avvenne sotto il comando di un generale atinate; che un generale atinate era anche a capo dei sanniti il tragico giorno delle Forche Caudine qualche anno prima. E poi Cicerone, Caio Mario, Marco Vipsanio Agrippa, Attilio Regolo, Giovenale, Lucio Munazio Planco, Galba, Aulo Irzio… non erano forse figli di questa ‘ombra’ di Roma? E poi senti anche dire che l’inizio di quello che sarà l’impero romano cominciò, in realtà, con la conquista delle città “dell’ombra di Roma”, marciando, le truppe, su quello che all’epoca era ancora solo un sentiero, una mulattiera e che poi divenne la Via Casilina, anni prima della costruzione della Via Appia! E tutto ciò è ben poca cosa rispetto al groviglio e intersecarsi di rapporti e relazioni tra Roma e la sua ‘ombra’! E poi senti anche dire che le vettovaglie e gli approvvigionamenti provenivano in massima parte e da sempre, e in parte anche oggi, da questo immenso territorio al suo Sud; che la componente principale delle sue legioni era, da sempre, l’aitante ’guitto’ della sua ‘ombra’. E poi, più tardi, personaggi e istituzioni che definirli giganteschi è quasi irriverente: Montecassino e San Benedetto fucina e fonte della civiltà occidentale, San Tommaso d’Aquino, Fossanova, le prime parole in lingua italiana, i primi libri stampati in Italia; quindi altri giganti: Innocenzo III, Alessandro IV, Gregorio IX, Bonifacio VIII, investiture, inquisizione, ghetto, albigesi, eresia, roghi e torture, Federico II…Roma che si sposta ad Anagni, Anagni che diviene la seconda Roma, l’architettura gotica assente a Roma florida ad Anagni, a Fossanova, a Ferentino, a Priverno, a Fondi, a Cori, a Veroli, a Casamari poi da qui in tutta Europa. E Roma diviene il centro del Cattolicesimo e del Papato: avviene che anche la linfa di questa Chiesa Universale e cioè preti e monaci e monache, dai livelli più bassi ai più elevati, sgorga in questa terra ai piedi di Roma e più passano gli anni, più tale linfa si arricchisce fino a diventare la vera e propria sacrestia della Chiesa di Roma! Un intiero volume   per enumerare i cardinali, i nunzi, i monsignori, i vescovi, trascurando le gerarchie basse di massa, originati in veri e propri crogiuoli e cenacoli di Ciociaria: Trevi nel Lazio, Anagni, Sezze, Alatri, Priverno, Boville, Ceccano…

E poi senti dire ripetutamente che la Ciociaria è la matrice di Roma, che Roma e Ciociaria sono una unità, ancora oggi qualche giornale scrive che un quarto di Roma è ciociaro, ma io dico: di più! I destini sono stati indissolubilmente connessi, dal giorno in cui un atinate scoprì le fonti dell’Acquedotto Claudio. Effettivamente ben ragione ha chi ha scritto che la Ciociaria è l’ombra di Roma : un tutt’uno!

Facciamo un salto, e ce ne dispiace, e arriviamo all’Ottocento e al Novecento e ci imbattiamo nel costume ciociaro eternato da quasi tutti gli artisti europei, dai minori ai massimi; ci imbattiamo nei modelli di artista che hanno inventato il mestiere del modello e coniato la parola ’modella’, che hanno ispirato capolavori inauditi di pittura e di scultura a tutti gli artisti occidentali; e poi ci tuffiamo nella ciociarizzazione vera e propria d Roma: già alla metà del 1800 si ufficializza che la popolazione di Roma sono solo ed esclusivamente i ciociari e quando avverrà la cosiddetta ‘liberazione’ nel 1870, tutto il mondo vede e apprende, dalle cronache giornalistiche, che l’abitante autentico e ormai perfino storicizzato di Roma è solo il ciociaro e non il romano di Pinelli e nemmeno il prete. E poi arriviamo all’epoca democristiana e apprendiamo che il Prenestino, il Tuscolano, il Tiburtino, questo immenso falansterio di palazzoni informi che pur si chiamano Roma, sono esecuzione quasi totale dei ciociari di Boville, di Monte San Giovanni Campano, di Ceprano, di Strangolagalli, a confermare ancora, dopo venticinque secoli, che nella sostanza nulla è mutato: Roma è Ciociaria e Ciociaria è Roma! “Convergenze parallele” avrebbe scritto qualcuno. Il libro ’CIOCIARIA SCONOSCIUTA’ aiuta a scoprire moltissimo altro.

E qui si innesta la costatazione: la fine delle province comporta come suo esito la Roma metropolitana assieme alla Ciociaria, la sola possibilità storica.                                                                                                                                                         Michele Santulli

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