AMEDEO MODIGLIANI E ROSALIA

Novembre 2015 a New York dopo accanitissima lotta di 15 secondi, un dipinto (un nudo di donna) di Modigliani è stato aggiudicato a un collezionista cinese al prezzo di quasi 171 milioni di dollari, il prezzo più elevato mai pagato per un dipinto di un Maestro del passato. E un paio di mesi addietro un altro suo quadro, il ritratto di Paulette, sempre a New York fu aggiudicato per 42,8 milioni di dollari e l’anno scorso una testa di cariatide in pietra a 70,7 milioni di dollari: quindi tre sue opere hanno totalizzato insieme quasi 300 milioni di dollari: si cerchi di tradurre nelle vecchie lirette! Una manovra finanziaria! Terribile e mostruosa la discrepanza tra tutti questi soldi e la vita, invece, miserabile e pezzente, inimmaginabile, quasi ai limiti della mendicità, dell’artista morto a 37 anni per disperazione e indigenza e afflizione. La testa in pietra di cui sopra era stata acquistata da un giovane artista inglese in viaggio di nozze a Parigi per il prezzo, si dice, di un fiasco di vino! Modigliani, pur nella breve esistenza e pur con la creazione di solo qualche centinaio di opere (Picasso ne ha realizzato, si calcola, circa 55 mila, più o meno altrettanto Matisse!) è stato un caposcuola, ha inventato uno stile e una immagine. Ma il destino ostile fu che durante la sua breve esistenza non ebbe riconoscimenti: non fu in grado, o non seppe, promuoversi, farsi valere, vendersi: non fu capito. Basti rammentare che nel 1917 il suo mercante polacco organizzò una mostra personale dei suoi nudi più recenti: il giorno stesso della inaugurazione, il poliziotto di quartiere, quando vide in vetrina uno di questi quadri, lo fece immediatamente rimuovere: oltraggio al pudore! Ed è quasi certamente il nudo meraviglioso di cui sopra. Il solo riconoscimento avuto fu la mostra sulla pittura moderna inaugurata tre anni dopo dal suo primo mercante, Paul Guillaume, dove esponeva dodici opere di Modigliani affianco a opere di Picasso, di Matisse, di De Chirico. Negli annali della storia dell’arte questa mostra è considerata la finestra sull’arte moderna. Le opere di Modigliani vi furono particolarmente ammirate: è da qui che iniziò la sua ascesa. E, ripetiamo, il destino fu spietatamente ostile e nemico poiché al momento della resurrezione, quale fu finalmente questa mostra, l’artista il 24 gennaio 1920, tre giorni prima della inaugurazione, rese l’anima al cielo, nell’ospedale dei poveri e dei derelitti di Parigi, a soli 37anni. Al contrario il suo funerale fu, si scrive, una vera apoteosi a Montparnasse: tutte le serrande abbassate, una fiumana di gente, fu quasi come se tutti quelli che lo avevano conosciuto o praticato o ne avevano sentito parlare o visto in giro avessero capito che cosa avevano perso o voluto farsi perdonare qualche cosa, in quel momento fatale… Tra le opere esposte in questa esposizione del 1920 era presente anche l’opera famosa di Matisse ‘Les trois Soeurs’ che illustra Laurette, la sua amata modella ciociara.

Subito si dirà: ma che rapporto tra Modigliani e i Ciociari?

Il grande artista non solo conosceva e apprezzava il personaggio in costume ciociaro in quanto esso era un ingrediente quotidiano della vita a Montmartre e a Montparnasse quanto ebbe familiarità per una decina di anni con una donna di addentellati ciociari.

Per nascondere la propria amarezza e disperazione si nascondeva dietro l’alcool o la droga quindi le sue presenze pubbliche erano uno spettacolo istrionesco: cantava, ballava, infastidiva, petulava un bicchiere o un tozzo di pane in cambio di un disegno. E nel corso di queste sue pubbliche quotidiane apparizioni davanti ai locali pubblici, ad un certo momento si arrestava e tirava fuori da una tasca un foglio di giornale che, declamando qualche poesia o cantando qualche aria di opera, baciava ripetutamente: era il ‘Ragazzo dal panciotto rosso’ dell’amato Cézanne che illustrava un ciociarello di Atina.

Il più delle volte veniva raccolto ubriaco su una panchina, talvolta al freddo o sotto l’acqua e qualche amico lo trasportava da Rosalia Tobia, tenutaria di una piccola trattoria a Montparnasse, già apprezzata modella, diventata il notorio punto di approdo dell’artista. Qui Rosalia lo faceva adagiare su una coperta nello sgabuzzino in attesa che si riprendesse. Il grande artista era quasi di casa da Rosalia dalla quale in cambio di disegni o più spesso di nulla, riceveva un piatto di tagliatelle o di lasagne e un bicchiere di vino. E tutti quei disegni? Sicuramente centinaia. Rosalia non li capiva e li chiamava ‘scarabocchi’: li usava, si dice, come carta per la toilette o per accendere le fornacelle o come pasto per i topi. Grande la sua umiliazione quando i commercianti e i collezionisti iniziarono a passare da lei per acquistare questi disegni. Divenne normale per Modigliani far riferimento a Rosalia quando nel bisogno, il che era la norma. E Rosalia, vissuta a contatto di artisti, amava molto il bel Amedeo sempre senza soldi per il quale fino alla fine nutrì particolare quasi materna affezione e comprensione. Se si esclude, negli ultimi due-tre anni di vita, il rapporto di Modigliani con l’amata Jeanne, Rosalia Tobia, la modella di Picinisco, fu per l’artista il solo vero e disinteressato affetto negli anni di Montparnasse. Si comprende quindi che il nome di Rosalia è quello che figura regolarmente nel racconto della breve esistenza del sommo artista, in ogni libro e in ogni evento che se ne occupano: grazie alla sua generosità ed affetto si è ritagliata una nicchia di eternità, anzi possiamo sostenere che la vita del sommo artista è, in fondo, legata a quella di Rosalia più che con qualsiasi altra figura da lui incontrata.

Michele Santulli

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