“PORCO, MAIALE!” “SEI UNA BESTIA!”

Sono queste le parole dolci che sono volate giorni addietro nel luogo più solenne della Repubblica Italiana cioè nel Senato, tra una senatrice e un senatore, Padri Costituenti, modelli di civiltà. I commenti a tale episodio a dir poco sconfortante, li esprima ognuno di noi per conto proprio. Quanto al contrario merita una doverosa non tanto riflessione quanto contestazione è il fatto che per insultare al peggio un bipede indegno e lurido, si ricorra normalmente e  comunemente alla figura di un mite e innocuo quadrupede. Forse che qualcuno di noi nel mondo e in tutta la storia dell’uomo ha mai visto  un maiale/porco/suino fare i gesti e  le smorfie che ha fatto anzi hanno fatto, due padri costituenti? Certi comportamenti, citazioni, le più feroci, le più oscene, le più perverse le commettono solamente e unicamente gli uomini, da che mondo è mondo e solo loro arrivano a certi gradi di nefandezza,  di crudeltà,  di efferatezza: i poveri quadrupedi sono ingenui, timidi e timorosi: ne sono le vittime: le loro reazioni e comportamenti diciamo criticabili comunque mai perversi e depravati e crudeli,  si verificano solo quando si tratta di fame e di sesso, tale e quale come i bipedi, ma senza quelle perversioni e depravazioni tipiche degli uomini. Altrimenti per regola sono mansueti e umili, paurosi  e, quando avvicinati, diventano i più fedeli e più disinteressati amici dell’uomo, in cambio solo di un pezzo di pane. Cioè dare del ‘porco’ del ‘maiale’ della ‘bestia’ del ‘somaro’ del ‘cane’ ad un proprio simile bipede è solo risultato di incultura,  soprattutto di pregiudizio, ancora di più di: preconcetto, inculcati dall’ambiente in cui si vive, dall’inizio alla fine della esistenza. Se solamente si riflettesse, si capirebbe quanto incorrette e anacronistiche sono tali appellazioni. Gli animali e gli uomini dalla divinità sono stati considerati e trattati come uguali, sempre e dovunque: se il Padreterno la pensava diversamente alla guisa dei senatori della Repubblica Italiana, nell’arca di Noè  avremmo  tratto in salvezza solo i bipedi! Se il Buon Pastore la pensava come il senatore o la senatrice del Parlamento Italiano, non avrebbe abbandonato le  99 pecore per andare a ricercare quella smarrita! Facciamo in modo che questo Papa che si chiama,  ed è la prima volta nella Storia, Francesco, sia veramente di illuminazione e di luce: si chiama, quale coraggio! quale ardimento! come quel Francesco che aveva scoperto che aveva dei fratelli e delle sorelle  anche nell’altro regno animale,  tra i lupi, tra i cani, tra le stelle, tra i ruscelli, tra i conigli! Non vogliamo ricercare le cause come mai tanta involuzione e capovolgimento di valori soprattutto quasi completamente nel mondo cattolico: anche in questo caso le riflessioni le faccia ognuno di noi per conto proprio: è certo che nella religione cattolica parrebbe,  al cospetto di certe iconografie ricorrenti, che ammazzare gli animali è perfino liturgico. I paragoni e i raffronti possono essere talvolta sgradevoli ma ci si è mai chiesto perché la figura di San Francesco, pur essendo stato con la sua vita e il suo esempio, il santo più ’grande’  in realtà ha un palese minor valore diciamo oggi, mediatico? Perché è troppo impegnativo, è troppo scomodo, incute perfino  paura quel suo modo di agire! Quindi quelli più ameni e leggeri, non così impegnativi e difficili, hanno la preminenza: e perciò pellegrinaggi ad Assisi non si organizzano, da sempre ma da sempre, invece,  verso certe altre località..…Perché nessun papa in oltre dieci secoli si è mai chiamato Francesco?

Qui preme ricordare al lettore che i poveri animali che citiamo a esempio delle azioni più cattive e riprovevoli commesse invece dai bipedi, non sono loro che hanno inventato la crocifissione, l’impalamento, il bruciamento, l’impiccagione, la tortura e la sevizia, la inquisizione, la fine di Ugolino, la fine di Giordano Bruno, il bando e l’esilio, la tratta, la soluzione finale, ecc. Invero abbiamo paura a ripetere quello che dieci secoli fa osservava San Francesco: “fratello cane, fratello lupo, fratello sole, sorella luna…” forse perché  troppo meraviglioso, forse perché troppo difficile e scomodo. Perché? Perché noi vogliamo continuare a divorar  il mite agnello, il vitellino, il pollo, il maiale, perfino il cane e il serpente: li divoriamo  li mangiamo, senza minimamente stare a pensare. Con quale spirito si può mangiare un agnello, il simbolo di Gesù? Un agnellino? La conclusione è che al senatore della repubblica che fa i gesti depravati e osceni che solo il bipede conosce e di cui è maestro esperto,  lo  innalzeremmo  e gratificheremmo chiamandolo ‘porco, maiale’: chiamiamolo invece come merita veramente,  sostanzialmente: ‘Che grande uomo!’ Questa è la vera graffiante offesa e biasimo. Oppure più icasticamente, più terra terra,  ricordiamogli quello che veramente è: un otre di merda! Non si è chiesto il conforto di Darwin, di Lorenz, del Dio biblico e i suoi sacrifici perché le conseguenze   non sarebbero mutate.

Michele Santulli

 

 

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