Ma non solo, di tigri e di leopardi e di leoni, di oranghi, di boa, sono rimasti poche centinaia in tutto il mondo, gli oceani ogni giorno che passa si svuotano dei loro abitanti perché scriteriatamente cannibalizzati da noi bipedi e allo stesso tempo si riempiono sempre più di tonnellate e tonnellate di plastica e di scarti di produzione, i giganti del mare scompaiono giorno dopo giorno e quelli rimasti cominciano a soffrire la fame; le foreste ancora esistenti vengono decimate nella indifferenza delle rispettive autorità non tanto per il legno quanto per far posto alla produzione intensiva del capitale globale o a causa di incendi, il potere politico, che avrebbe l’obbligo di gestire al meglio la società, sempre più è succube del capitale, gli umani si moltiplicano vertiginosamente coi risultati che si vedono ormai in giro dovunque.
Un materiale prezioso, da sempre amato e ricercato per motivazioni estetiche ed artistiche è l’avorio, ricavato dalle grosse zanne appunto degli elefanti: già i romani lo individuavano tra le cinque preziosità dell’Impero. E sin dai tempi più remoti della civiltà umana si sono realizzati gli oggetti più svariati con questo elemento della natura: nelle tombe egizie si scoprono sovente manufatti preziosi di avorio o assieme all’avorio, lo stesso in epoca romana. Amato e ricercato fu nel Medioevo, soprattutto in ambito religioso: Cristi, Madonne, trittici, altarini portatili… E man mano che ci si avvicina ai nostri tempi il piacere del possesso dell’oggetto in avorio, possibilmente un oggetto d’arte, accompagnò l’uomo. A partire dal Rinascimento si possono individuare alcune società che hanno fatto largo consumo nonché lavorazione, di avorio: la Francia, la Germania, la Cina e il Giappone. La Francia in ispecie ha arricchito la chiesa cattolica nel cerimoniale e arredamento ecclesiastico con una vasta gamma di oggettistica in avorio, particolarmente conosciute le sculture dei Cristi in Croce e delle varie Madonne. Ricchissima ed evoluta la lavorazione in Germania, specie con sculturine di carattere profano o regale e in particolare la decorazione artistica dei boccali per la birra semplicemente magistrale. Enorme al contrario e quasi capillare fu -e ancora è malauguratamente- la lavorazione in Cina e in Giappone che si estrinsecò in una gamma sterminata di oggetti i più comuni, tra i quali a migliaia e migliaia di esemplari sono stati e sono tutt’ora le piccole sculture che illustrano le scene più disparate della vita umana, alcuni oggetti e le divinità, e poi i particolari e artistici bottoni per le vestiture e le sculturine di donne e di personaggi più vari. Fino a poco meno di cento anni fa il possesso degli oggetti in avorio, essendo relativamente costosi, era riservato alle classi sociali abbienti, oggi da alcuni decenni grazie o per colpa dei numerosi e abilissimi artigiani cinesi e giapponesi, se ne è resa possibile una disponibilità più diffusa: la conseguenza derivata ne è stata sia l’incremento del collezionismo e sia la forte scarsità della materia prima, alla quale è stato sopperito, oggi specialmente, con la ferocia e la crudeltà a opera dei cacciatori di frodo, la feccia umana. E tali crimini quasi esclusivamente in Africa dove gli assassini bracconieri hanno annientato la maggior parte degli animali, e non solo gli elefanti e non solo per l’avorio, privando il paese della vera e antica ricchezza. E in India, al contrario, dove di regola gli animali vengono rispettati e accettati, non si registrano né lavorazioni dell’avorio né tanto meno massacri. E nei secoli passati l’avorio si ricavava normalmente solo alla morte degli elefanti e le esigenze dei compratori erano soddisfatte da tale quantità. Il loro numero era molto alto soprattutto in Asia in quanto impiegati anche come forza lavoro e, soprattutto, non ammazzati per l’avorio, pur restando il continente africano la patria di elezione. Con l’andare avanti degli anni, a partire dunque dall’incirca il 1800, l’avorio degli elefanti cominciò a non essere più sufficiente alla domanda sempre viva per cui si cominciò a ricorrere ad altre sostanze: all’osso della balena, ai denti degli altri grandi animali, perfino alle ossa animali e così fino ad oggi, allorché anche la plastica, fraudolentemente o meno, sta diffondendosi. Ma sono alcune decine di anni ormai che a seguito della crescita della domanda e della scarsità della materia, si assiste, come detto più sopra, ad uno scenario orribile e mostruoso: ora è caccia spietata agli innocui e indifesi quadrupedi da parte dell’immondizia umana, i bracconieri: fino a poco tempo fa in Africa ne hanno ammazzato centinaia al giorno! Poi, morto o meno, intervengono perfino con le seghe elettriche, provocando le più esecrande ed esecrabili ferite per strappare le zanne, indifferenti alle urla di spasimo dei poveri animali. Degli studiosi hanno costatato che sta sopravvenendo una mutazione genetica: i piccoli che nascono iniziano a non avere più le zanne o averle di dimensioni minori! La medesima ferocia e perversione avviene coi rinoceronti, per letteralmente strappare loro con la più abbietta violenza e strumentazione il loro corno perché i bipedi malati di mente di quelle regioni pagano fior di soldi per averne la polvere, secondo loro afrodisiaca. E sono quasi scomparsi, annientati! Si è arrivati al punto che quelli racchiusi nelle zone protette, vengono scientemente privati del loro corno per evitare che i bracconieri li ammazzino: il corno del rinoceronte è come l’unghia umana e quindi rinasce. Per fortuna si sente dire che allorché vengono presi sul fatto, i bracconieri subiscono la medesima fine delle vittime. Gli organismi internazionali tra cui l’Unione Europea, pur se con imperdonabile ritardo, è già da qualche anno che hanno emesso leggi e altre stanno divulgando per combattere il massacro e soprattutto per limitare e impedire il commercio di oggetti in avorio. Ma tutto può mutare, con l’intervento del singolo cittadino.
Michele Santulli