Cogliamo l’occasione dell’apparizione sul mercato antiquario di un antico manifesto molto particolare per continuare sul nostro tema della ciociarizzazione di Roma dell’800, a gratificazione e informazione del lettore anche se non pochi, inconsapevoli, inorridiranno della ‘ciociarizzazione’ di Roma, molti altri, al contrario, se ne stupiranno: eppure questa è una pagina estremamente significativa strappata via dal libro della storia. Certo che è imbarazzante, qualcuno dirà, la città dei Cesari e dei Papi collocarla affianco ai ciociari, tanto vilipesi! Abbiamo già illustrato e documentato tale storica parentesi e ora vogliamo documentarla ulteriormente. Il manifesto come si vede è una pubblicità dell’inverno 1900-1901 a proposito della istituzione di un collegamento di un treno espresso bisettimanale di lusso Parigi-Roma e si ammira la ciociara in primo piano anche essa simbolo di Roma, come Castel Sant’Angelo, la Scalinata o il Colosseo: anche per l’autore del messaggio, un artista spagnolo dell’epoca, era fatto acquisito che la popolazione di Roma fosse la bella ciociara nel suo scintillante costume pur se, in questo caso, con le scarpe e non le cioce ai piedi. Ricordiamo inoltre che la Roma papale, pur non essendo mai stata genitrice di arti e di letteratura nella sua storia, nel corso della seconda metà dell’ottocento fu la culla inusitata di una quantità di artisti soprattutto pittori specializzati in massima parte in opere pittoriche che decantavano e illustravano la Città Eterna, i suoi monumenti e campagna, un numero veramente cospicuo: fu una produzione sconfinata, soprattutto di acquerelli che grazie alle continue presenze di turisti e di pellegrini, trovarono facile accesso letteralmente in ogni angolo del pianeta. E gli abitanti di Roma che vediamo numerosi su tutte queste opere erano solo ed esclusivamente ciociari. Cioè il ciociaro era parte integrante di Roma come il Portico di Ottavia o S.Pietro o il Pantheon. Da ricordare anche che la Roma papale di Pio IX era retta da numerosi cardinali ciociari, originari di Ceprano, di Santopadre, di Sonnino, di Gorga, di Boville, di Veroli che ne costituivano la segreteria o le alte sfere, senza scendere nelle categorie più basse che erano sostanzialmente occupate solo da preti ciociari. Erano quei ‘cardinali ciociari’ che suscitavano le aspre critiche dei Gesuiti e che Benedetto Croce più tardi ancor più biasimò in quanto primitivi e arretrati e non ricettivi delle nuove ideologie e scoperte che scuotevano l’Europa. La presenza ciociara a Roma era attiva e di grande successo e ammirazione anche nelle lettere, nelle scienze, nella dottrina: lo scienziato che con altri studiosi tra cui Angelo Celli, scoprì il germe patologico mortale della malaria che aveva imperversato per venticinque secoli alle porte di Roma e nelle Paludi Pontine, fu un medico originario di Patrica, Ettore Marchiafava che diverrà anche il medico personale del Papa e di Casa Reale; nelle lettere e nella letteratura occupavano posizioni di ammirazione Augusto Sindici originario di Ceccano e Cesare Pascarella originario di Fontana Liri con le loro composizioni poetiche in dialetto romanesco, oggi ancora più gustose di prima, se prese tra le mani; giornalista e romanziere celeberrimo fu Giustino Ferri da Picinisco; critico d’arte e letterario ed esteta stimatissimo fu Angelo Conti da Arpino del quale ha delineato un bel ritratto il nostro Marcello Carlino; una nicchia particolare si ritagliò Attilio Taggi da Sgurgola, noto come l’usignuolo della Ciociaria, grazie alle sue composizioni poetiche delicate e dolci, scritte in dialetto ciociaro, oggi anche queste ancora più gradevoli e gratificanti. Nella musica e nel canto eccelsero, a livelli europei e non solo a Roma, Filippo Coletti, di Anagni, baritono esimio stimatissimo da Giuseppe Verdi, e Elisa Ciccodicola da Arpino, pianista magistrale. Nella lotta e tenzone politica dell’epoca, si distinsero Luigi Angeloni da Frosinone che fu obbligato a trascorrere la sua vita in esilio continuo all’estero per i suoi ideali libertari e il suo manco di compromessi; Pietro Sterbini da Sgurgola che fu parte attiva nei moti mazziniani romani e che poi, perseguitato, dovette rifugiarsi a Napoli dove anche lasciò traccia imperitura della propria temperie: infatti fondò un quotidiano, ancora oggi in vita e circolante, al quale diede il nome della amata ‘ROMA’. Anche il mondo accademico romano dell’epoca ebbe un rappresentante ciociaro assurto ai primi posti della scena cittadina sia per l’alta qualità scientifica dell’insegnamento impartito -i suoi studenti lo chiamavano ‘il professorissimo’- sia per il fattivo e persistente impegno civile, Antonio Labriola da Cassino: sempre presente nelle lotte sindacali affianco degli operai in quel momento particolare della società romana totalmente in balia di palazzinari e speculatori voraci e assetati e sia anche per il continuo impegno sociale finalizzato alla liberazione da schemi e concetti ormai fuori del tempo, facendosi per esempio, coi suoi studenti, acceso promotore della riabilitazione di Giordano Bruno, il filosofo bruciato vivo il 17 febbraio 1600 da una Chiesa fondamentalista e integralista, e anche della erezione della sua statua in Piazza Campo dé Fiori. In questo scorcio di secolo brillarono veramente nella Città Eterna due altri personaggi ciociari, uno nella scultura, Ernesto Biondi da Morolo, autore de ‘I Saturnali’ alla Galleria Naz. d’Arte Moderna, e l’altro un eccelso tenore di livello europeo, Evangelista detto Evan Gorga da Broccostella, che lasciato il canto, diede sfogo alla sua anima di collezionista di oggetti d’arte e di strumenti musicali mettendo assieme nell’arco degli anni una collezione inimmaginabile, consistente -sembra incredibile- di centinaia di migliaia di pezzi, di oggetti anche tra i più disparati: oggi il Museo Nazionale degli Strumenti Musicali a Roma è dedicato a Evan Gorga.
Michele Santulli