ABBASSO LE PROVINCE, VIVA LA CIOCIARIA

Ecco una delle rare belle notizie che fanno storia, anzi possono fare grande storia. Come si sa il 1927 fu la istituzione della provincia di Frosinone, pochi anni dopo venne quella di Latina, quella di Roma già istituita. Naturalmente quando il Regime varò queste ripartizioni amministrative, il concetto ‘Ciociaria’ già a quell’epoca, per quel pochissimo che se ne poteva parlare e sapere, era per molti sinonimo di qualcosa che non meritava attenzione, qualcosa di indefinito e di sfuggente. E infatti due anni dopo, nella prima edizione della Enciclopdia Treccani, apparve il contributo famoso o famigerato sulla Ciociaria, a seconda dei punti di angolazione, dell’illustre geografo Roberto Almagià, che fornì la veste scientifica a tale concezione. E tale distorsione, perché sostanzialmente di ciò si tratta, e che è servita e serve tuttora quale unica fonte scientifica e storica su questa Terra, si fondava, volente o nolente, accettandole per valide, sulle deduzioni espresse una ventina di anni prima da Giuseppe Tomassetti, insigne studioso di Roma e della Romanitas, nemico dichiarato e documentato dei ciociari, ma ignorando allo stesso tempo le scoperte e gli apporti che già alla metà del 1800 aveva illustrato Ferdinand Gregorovius, il primo etnografo della Ciociaria e ignorando altresì quell’immenso documento artistico rappresentato dalla pittura europea che aveva dato del ciociaro una immagine diametralmente opposta a quella dell’epoca di cui stiamo parlando: ecco dunque perché distorsione e disinformazione. Tutta la situazione storica è stata per la prima volta ben descritta e analizzata nel solo libro disponibile che si occupa dell’argomento e cioè ‘CIOCIARIA SCONOSCIUTA’ di cui si raccomanda caldamente la consultazione.

Quindi il Regime, pur saggio e accorto nell’aver accorpata la cosiddetta Alta Terra di Lavoro, vale a dire il territorio grosso modo tra i fiumi Garigliano e Liri appartenente una volta al Regno di Napoli,   alla neo costituita provincia di Frosinone rappresentata in gran parte da possedimenti una volta papalini, allo stesso tempo non si fece scrupolo di staccare le cittadine lungo la Via Appia, da Velletri a Itri, a vantaggio della neo Littoria/Latina, come in precedenza aveva separato le località dei Simbruini (Alta Valle dell’Aniene, Subiaco, Olevano, ecc) come pure addirittura Colleferro, Carpineto, Segni ecc. a vantaggio della provincia di Roma, da quella estesa e uniforme regione a Sud dei Castelli e dei Monti Albani che per secoli si era chiamata Campagna di Roma, una volta Lazio, che corrisponde, nel complesso, al concetto di Ciociaria Storica: tutto quel territorio omogeneo e uniforme, una volta esteso fino al Garigliano poi fino al Liri, per almeno cinque secoli unito nel medesimo destino e nelle medesime vicende, ora, in epoca fascista, veniva sezionato e smembrato in tre autonome entità amministrative.

Sia ben chiaro che Ciociaria è un concetto eminentemente folklorico, cioè è la regione a Sud di Roma più sopra individuata compresa tra gli Appennini, la Via Appia e il fiume Garigliano, dove si indossava più o meno lo stesso abito e si portavano i medesimi calzari, segno distintivo, va rammentato, della più alta miseria e indigenza. E stando ai documenti dell’epoca confermati più tardi dalle inchieste governative, la situazione economica in questo territorio era tra le più disperanti e miserevoli dell’intero Paese. E non fu dunque un caso che la emigrazione, non episodica bensì continua e permanente, sia verso certe località della Campagna di Roma e sia verso Roma stessa e allo stesso tempo verso certe città al di là delle Alpi, principiò come un fiume già alla fine del 1700, partendo proprio da certe località di questa sub regione, in parte papale in parte napoletana. Quindi Ciociaria non è una realtà geografica o politica o amministrativa: il ciociaro può dunque essere napoletano o romano o anche cinese e turco poiché in effetti è l’abito che fa il ciociaro! Quindi, per inciso, ben si capisce quanto ridicole e insensate sono quelle distinzioni che ancora oggi qualche residuo malpensante solleva tra napoletano e ciociaro…

Le province, almeno con riferimento a quella di Frosinone, sono stato un disastro per la comunità e per il territorio, una calamità per la cultura e l’arte: gran parte dei primati negativi che marchiano una società sottosviluppata sono concentrati nella provincia di Frosinone, come anche le statistiche ufficiali confermano e sanzionano, da sempre. E le Province ne sono state le fautrici e cause prime, salvo rare eccezioni.

L’abolizione delle province comporterà- è da augurarsi- automaticamente un ricompattamento e una riaggregazione del patrimonio comune che ha tenuto assieme il territorio per secoli e secoli. E se avremo guide sagge e intelligenti e consapevoli di tale evenienza storica, non è escluso che la Ciociaria possa anche rinunciare al suo significato eminentemente folklorico e assumere anche quello di una compagine amministrativa e territoriale, quindi riaccorpando non solo i territori della provincia di Latina ma anche quelli dipendenti dalla provincia di Roma in una nuova e grande e solenne entità corrispondente largamente all’antica Campagna di Roma fino al Garigliano e all’antico Lazio: significherebbe la riappropriazione di una identità storica e umana. Le città di mare da Formia al Circeo nulla tolgono e nulla aggiungono in quanto da sempre complementari. Siamo certi che il neosindaco di Frosinone ha ben compreso le nuove rivoluzionarie prospettive e potenzialità che si stanno aprendo per i destini della Ciociaria con l’abolizione di siffatti, in realtà, dispensari di prebende e di vitalizi e che, di concerto col sindaco di Latina e quello di Roma Capitale, si doterà di tutti quei mezzi operativi idonei per occuparsene pienamente e siamo altresì certi che le civiche associazioni e la Scuola non faranno mancare il loro apporto come pure tutti i sindaci delle tre province e i benpensanti autentici.

Michele Santulli

 

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