La descrisse in questo modo Alberto Arbasino, il raffinato, in una sua nota su Matisse.
Dopo la morte del grande artista avvenuta nel 1954, l’esame e l’inventario delle opere presenti nel suo atelier al terzo piano di quello che era stato l’Hotel Regina a Cimiez di Nizza, tra le tante opere ammassate risalenti in gran parte all’estremo periodo, rivelò anche la presenza di due quadri che al contrario erano stati dipinti quasi quarantanni prima, a Parigi. Si tratta di ‘Laurette in a Green Robe-Black Background’ oggi al Museum of Modern Art di New York e di ‘Laurette à la tasse de café’ al Centre Pompidou di Parigi. Il primo, ci informa Jack Flam, studioso emerito dell’artista, fu presentato in qualche esposizione e anche illustrato in alcune pubblicazioni durante la vita del Maestro, mentre il secondo non fu mai mostrato a nessuno e nemmeno i tre figli ne conoscevano la esistenza. Si evince chiaramente che questi due dipinti, specie il secondo, dovevano dire e rappresentare qualche cosa di speciale per il Maestro.
Dobbiamo tornare indietro di mezzo secolo per capire e così conoscere una delle pagine più affascinanti e anche più enigmatiche della Storia dell’Arte dell’Otto-Novecento.
Siamo nel 1908 e a Gallinaro, un paesino a 500 m slm. in Valcomino, una località appartata in quella che era stata Alta Terra di Lavoro, tra Roma e Napoli, arrivano da Parigi due sorelle, belle ed eleganti, venute per assistere gli ultimi giorni dei vecchi nonni che stavano avendo delicati problemi di salute e che abitavano su una collina fuori del paese. Si tramanda che le due sorelle avevano parecchi soldi nascosti sotto le vesti e che si fecero costruire una casetta a un piano vicino a quella dei nonni, che ancora è in piedi, pur se diroccata e avviluppata dalla vegetazione. Erano emigrate a Parigi quando bambine e erano cresciute esercitando la professione di modelle di artisti nella Parigi affascinante del tempo. Le sorelle, Loreta e Rosa Arpino, erano non solo eleganti ma anche molto avvenenti, nel pieno della maturità. Rappresentavano uno spettacolo per quella popolazione incolta e contadina. Subito iniziarono i corteggiamenti e i pretendenti. Loreta si sposa nel 1909 e Rosa l’anno dopo. Mettono al mondo figli uno dopo l’altro. Scoppia la guerra. Il marito di Rosa viene richiamato sin dal suo inizio ma pochi mesi dopo si prende una palla in fronte e lascia moglie e tre figli. Quello di Loreta partirà dopo. I problemi di semplice sussistenza diventano pesanti. Le due sorelle decidono di tornare a Parigi a guadagnare un po’ di soldi con la loro professione di modelle. E così dopo i lavori di mietitura, nella estate del 1916 le ritroviamo nella Parigi rutilante e scintillante, a dispetto della guerra. Rosa conosceva Matisse, il grande artista, già dal 1906 poiché aveva posato per lui in diverse opere tra le quali la celebre ‘Joie de vivre’ e aveva riscosso molta fiducia sia da parte sua e sia da parte della famiglia tanto che quell’anno la condussero con loro in vacanze a Collioure sul Mediterraneo, un paese di pescatori a confine tra Francia e Spagna. Sono passati esattamente dieci anni da allora. Rosa presenta Loreta a Matisse il quale a quest’epoca ha lo studio a Quai Saint-Michel 19, di fronte all’isola Saint-Louis e con la vista di Notre Dame sull’isola de la Cité. Un luogo dunque della più alta forza ispiratrice per l’artista, da lui riprodotto molte volte, anche con la presenza di Loreta. Direttamente al piano di sopra abitava l’amico Albert Marquet. Le due sorelle, a dispetto della vita dura a Gallinaro e delle numerose gravidanze, sono entrambe ancora più attraenti e seducenti nella loro maturità. Loreta inizia subito a posare per il Maestro e tutta la vicenda lascia dedurre che Matisse, 46 anni, a quell’epoca ormai riconosciuto tra i grandi artisti del secolo, sia stato il solo committente, mentre Rosa posa per altri artisti. Attraverso le numerose opere per le quali ha posato, circa cinquanta, senza contare i disegni e gli schizzi, possiamo leggere e seguire questa vicenda tra i due che inizia in maniera incerta e acerba e insicura come documenta, eccezionalmente, quella che viene ritenuta essere la prima opera importante realizzata, ‘L’Italienne’ al Museo Guggenheim di New York, in cui si vedono quattro mani anziché due, tanti sono i ripensamenti e le incertezze. Poi gradualmente i rapporti si distendono, la fiducia reciproca cresce, così le esigenze e le aspettative artistiche. E quindi man mano vediamo Loreta, che ora diventa ‘Laurette’, nella letteratura anche ‘Lorette’, nei panni dei personaggi più vari, tra i quali quelli dell’odalisca che poi negli anni a seguire sarà per l’artista, con altre modelle, uno dei suoi temi preferiti, sdraiata sul canapé, seduta sulla poltrona, avvolta in un accappatoio, vestita con gli abiti più fantasiosi tipici dell’artista che si possano immaginare e che saranno un’altra sua caratteristica negli anni a venire, ripresa in varie espressioni del volto e anche in qualche nudo fragoroso, senza contare le ambientazioni più varie. I soggetti realizzati fanno dedurre una intesa profonda che col passar del tempo diventa, come le opere documentano, sempre più completa e perfino intima. Gli studiosi considerati più attendibili dell’artista, Hilary Spurling e Jack Flam, che hanno descritto e valutato questo lungo rapporto durato quasi un anno, decisivo nella esistenza dell’artista, con parole molto pregnanti e profonde e sottili, pervenuti alla soglia anche della ipotesi di un possibile e perfino logico rapporto sessuale, si sono astenuti dal pronunciarsi, pur lasciando intravederne addirittura la necessità, quale colophon alla lettura della evoluzione e implicazione che scaturiscono dalle opere.
Studi e ricerche successive registrano che il 18 gennaio 1918 a Gallinaro Laurette mise al mondo Cesidio.
Ripercorrendo a ritroso i nove mesi regolari, ci imbattiamo che in aprile-maggio 1917 Matisse dipinge ‘Laurette à la tasse de café’ di cui all’inizio, che è anche il quadro, tra l’altro, certamente con le implicazioni erotiche più accentuate di tutta la carriera dell’artista, e ‘Les Trois Soeurs’ oggi esposto all’Orangerie di Parigi, che vanno considerate le chiavi di volta e quindi la conclusione di un rapporto tra Laurette e Matisse che segnerà letteralmente la vita dell’artista sia dal punto di vista pratico nei rapporti con la famiglia e sia anche dal punto di vista artistico, in quanto questo periodo ha significato una cesura col passato, quindi col cézannismo, l’impressionismo, soprattutto il fauvismo, e l’inizio di una nuova epoca artistica. ‘Laurette à la Tasse de café’ marca e contrassegna l’intimità perfetta e imperitura instauratasi tra i due, anche il documento tangibile di questo rapporto da lui conservato e custodito gelosamente per i restanti quarantanni. ‘Les Trois soeurs’ è forse l’ultima opera della parentesi, in cui l’artista mette assieme non solo Laurette e Rosa che ormai conosceva bene ma anche la terza sorella, Maria Elena, che viveva a Parigi. Se si osserva attentamente quest’opera si noterà che a Laurette, seduta in primo piano, l’artista ha voluto evidenziare palesamente la sua femminilità accentuando e sottolineando la forma dei suoi capezzoli, cosa che non ha fatto mai nei numerosi quadri precedenti e anche nelle centinaia che eseguirà nel futuro. Anche questa è una frase, una confessione. Questo quadro ancora fresco e non abbastanza asciugato, fu acquistato da quel grande mercante che fu Bernheim-Jeune il quale lo stesso anno lo rivendette ad uno dei più noti collezionisti parigini dell’epoca, Auguste Pellerin, che, tra il tanto altro, possedeva ottanta Cézanne. Ma Pellerin non amava la pittura di Matisse pur conoscendolo e stimandolo, per cui subito dopo il quadro lo troviamo nelle mani di un altro illustre mercante dell’epoca, il ‘novo pilota’ del povero Modigliani e cioè Paul Guillaume che, al contrario, lo considerava tra i suoi capolavori e non se ne volle mai liberare, altrimenti sarebbe pure esso andato in America. La moglie lo ha legato alla Orangerie.
Laurette all’incirca a giugno del 1917, come nei loro piani iniziali, era tornata con la sorella a Gallinaro: infatti non solo era tempo di mietitura ma anche perché il marito era stato richiamato alle armi -partì a luglio- e lei, in aggiunta a tutto questo, sapeva che la situazione era delicata in quanto si era resa conto che qualcosa era avvenuto dentro di lei.
Per gli artisti, si sa, le loro opere rappresentano spesso anche un messaggio, una lettera, un racconto, una presa d’atto: lo abbiamo visto con ‘Laurette à la tasse de café’ e con ‘Les Trois Soeurs’. Invero subito dopo la fine del rapporto con Laurette, Matisse realizzò un’altra opera veramente eccezionale, anche questa proprietà di Paul Guillaume, tra le cose per lui inalienabili (appena morto la vedova Domenica, invece, la vendette alla miracolosa collezione del Dr Barnes di Merion, USA, già cliente importantissimo del marito, privando così la Francia di un’opera più che rara): ‘La Leçon de Piano’ in cui nella loro casa di Issy-les-Moulineaux si vede tutta la famiglia Matisse raccolta intorno al figlio minore Pierre che è seduto al piano con dietro di lui in piedi Marguerite, figlia di altro letto dell’artista, e poi il figlio Jean seduto in un lato e in fondo la moglie Amélie. Questo è il secondo quadro in cui viene rappresentata tutta la famiglia, l’altro è del 1911. Gli studiosi sempre muovendosi con circospezione sul filo di lana delle supposizioni e deduzioni -e noi ora sappiamo che non si sono sbagliati- cercano di dimostrare che tale opera della estate del 1917 realizzata immediatamente dopo la fine del rapporto con ‘L’Italienne’ -così sarà sempre chiamata ‘Laurette’ dalla moglie di Matisse che qualcosa aveva intuito nonché dai suoi eredi attuali- rappresentava il suo ritorno all’ordine, il ritorno nell’ambito della sua famiglia, un tentativo di dimostrare qualcosa che, al contrario, si era ormai in realtà incrinato. Invero è storicizzato il fatto che alla fine dell’anno Matisse si trasferì al sole e alla luminosità di Nizza e, pur ogni tanto vedendosi e incontrandosi e stando assieme, i suoi rapporti con la moglie si allentarono a poco a poco fino ad arrivare alla separazione ufficiale qualche anno dopo.
Nulla sappiamo di che cosa è successo negli anni a venire tra Laurette e Matisse, né è successo alcunché, stando all’archivio da lui lasciato, dove di Laurette non è presente nemmeno il nome. E forse effettivamente nulla poteva avvenire, tanto dura e penosa era la vita di Laurette a Gallinaro in Valcomino in Ciociaria, mentre tanto gloriosa e piena di successi quella di Matisse.
Certo è che i due sono morti entrambi nel 1954, a un mese di distanza l’uno dall’altro, prima lui, poi lei!
Michele Santulli,