In un intervento passato abbiamo ricordato che il solo ad occuparsi alla fine del 1800 degli emigrati italiani e ciociari sia in Inghilterra e sia in Francia fu un personaggio di non comune valore e umanità al quale l’Italia e maggiormente la Ciociaria, molto devono grazie al suo impegno e opera a favore della emigrazione dei propri figli per le vie del mondo: invero personaggio memorabile, come pochi: stiamo parlando del Marchese Raniero Paulucci di Calboli (1861-1931) di antico aristocratico casato di Forlì, diplomatico italiano prima presso l’Ambasciata d’Italia a Londra fino al 1894 per circa cinque anni e poi in quella di Parigi dal 1895 per circa quindici anni come segretario di legazione.
E’ la emigrazione a Parigi che maggiormente tenne occupato Paulucci di Calboli, dopo la esperienza e gli scritti in Inghilterra. Non menzionando la emigrazione ormai numerosissima di addetti nelle varie occupazioni e sparsa in tutto il Paese, a Parigi e in Francia, siamo nel 1895, trovò una situazione molto più vasta e articolata che si distingueva, già da parecchi anni, per tre componenti sociali specifiche: i bimbi anzi la ‘tratta dei bimbi’ -in Francia molto più vasta e sconvolgente che in Inghilterra perché si cominciò a vedere in giro anche le ragazze- occupati in certe fabbriche o sulla strada, le modelle e modelli di artista e, terzo, gli artisti girovaghi. Pagine quasi sempre di dolore e di sacrifici, anche perché i nuovi venuti visti non di rado con occhi ostili, talvolta e in certi luoghi, va ricordato, anche assassini. E tale migrazione alla sua epoca consiste ormai di circa duecentomila italiani in crescita continua, ne descrive le varie occupazioni e mestieri e ne ritraccia la provenienza in prevalenza dal Piemonte, la Romagna, la Lombardia, la Liguria, la Campania e ne evidenzia le problematiche sociali connesse, con scritti e interventi politici. A lui in particolare si deve in molta parte la conoscenza che abbiamo della funzione e del lavoro delle modelle e modelli di artista nella Parigi dell’epoca, una professione nuova, su cui Paulucci di Calboli molto si sofferma e che ricopriva un proprio ruolo sociale nell’ambito della cultura e dell’arte ben individuato e sentito, tanto che riporta le parole di un famoso giornalista che in una pubblicazione aveva osservato: “l’Italia una volta era un paese modello, ora è divenuto un paese di modelli”. Al di là del sapore ironico e di critica implicito nella osservazione, qui preme evidenziare al contrario la entità notevole della presenza dei modelli nella Parigi dell’epoca e il fatto che quegli italiani per la totalità erano tutti ciociari.
Quanto maggiormente lo coinvolse e sconvolse furono le migliaia di bimbi/adolescenti dagli otto ai tredici e sedici anni sparsi nel paese e che svolgevano i mestieri più particolari: per esempio gli spazzacamini in prevalenza originari del Piemonte, i venditori di statuette di gesso provenienti in prevalenza dalla Lucchesia, i venditori di stampe e di santini provenienti da altre parti, i suonatori di organetto, tutti alle dipendenze di feroci e spietati ‘padroni’ e tenuti nelle condizioni più abbiette e degradanti e altrettanto grave, nell’analfabetismo completo. Sconvolgente in sommo grado fu la scoperta dei bambini occupati in certe fabbriche particolari, molto diffuse in Francia e cioè le vetrerie: in effetti all’epoca oltre al materiale di uso quotidiano quale bottiglie, bicchieri, ecc, la Francia era molto nota grazie ad una produzione di vetri artigiani e artistici su vastissima scala, di particolare valore e rinomanza, anche oggi. E in queste vetrerie molta parte degli operai era rappresentata da quelli che venivano normalmente individuati come ’Les petits Italiens’ della tratta dei bambini: già il termine è motivo di commozione. E Raniero Paulucci di Calboli ci descrive una di queste fabbriche dove si producevano bottiglie e analizza le varie fasi di lavorazione, addetto a ognuna delle quali vi era un bambino italiano: condizioni terribili per queste piccole anime, temperature dei forni altissime, movimenti congestionati per non far raffreddare i manufatti, dal soffiatore alla fornace o dalla fornace al soffiatore…: in media, secondo qualche studioso, millecinquecento-milleottocento bottiglie al giorno da movimentare velocemente una appresso all’altra, dal soffiatore alla fornace…’Les petits italiens’ un bel vezzeggiativo, erano molto ricercati per la loro agilità e per il loro spirito di adattamento! Ma quante morti, quante malattie, quante tubercolosi: Paulucci di Calboli registra che su cento bambini, cinquanta morivano di stenti e di malattia! Ma non vogliamo rattristare il lettore andando oltre nella descrizione. In massima parte originari dai luoghi della Valcomino già ricordati ma molti anche dalle frazioni di Filignano ai piedi delle Mainarde Molisane e non pochi anche da Belmonte Castello. Da una ricerca sul campo effettuata abbiamo anche da lui la conferma che di 23 località italiane individuate di provenienza di questi bambini/fanciulli occupati in varie attività alla fine del 1800, 20 si trovavano nel cosiddetto distretto borbonico di Sora cioè, noi sappiamo, nella Valcomino e nelle Mainarde Molisane già ricordate, dove in verità, sia rammentato, tale realtà terribile della tratta si riscontrava già agli inizi del 1800… Cioè sempre, di nuovo, tutto, dalla Valcomino, luogo dunque di massima sofferenza e di abbiezione ma anche luogo di grande bellezza e di grazia dei suoi figli, binomio sicuramente unico al mondo. E’ motivo a dir poco di grande imbarazzo dover costatare che di questo episodio della Storia che rinveniamo registrato nelle vicende di alcuni paesi europei per almeno centocinquantanni non si vede in giro, in tutta la Ciociaria Storica, nessun documento e ricordo a memoria, come pure nessuna menzione e ricordo nelle scuole e nelle istituzioni: e purtroppo non è certamente ignorando i fatti che se ne impedisce il ripetersi. Come pure è a dir poco biasimevole che di Paulucci di Calboli nessun contrassegno in giro a ricordarne la presenza e l’impegno e gli scritti anche a favore dei ciociari. Ma quanto ancora più sconcertante e, sia espresso chiaramente, riprovevole, è la completa mancanza di una via o piazza o altro in Ciociaria, sia frusinate e sia pontina e sia romana, dedicati alla emigrazione o agli emigrati e, purtroppo, anche emigranti di oggi. Questi nostri ben pasciuti politici che intervengono su tutto e parlano di tutto…
Al lettore che vuole saperne di più raccomando un libro uscito pochi anni addietro tradotto in italiano: Raniero Paulucci di Calboli: Lacrime e sorrisi dell’emigrazione italiana. Milano, B. Mondadori, 1996.
Michele Santulli