MARIO PRAZ, NEL QUARANTENNALE

Una pagina del Fatto Quotidiano a lui dedicata in occasione dei 40 anni, quest’anno, dalla morte ha fatto richiamare alla memoria la figura di un personaggio italiano che parecchio ha contribuito  alla cultura e alla civiltà del Paese e cioè a Mario Praz (1896-1982). I non più giovani lo ricorderanno o ne avranno sentito parlare quale esimio professore di Lingua e Letteratura Inglese alla Sapienza  e, tra il tanto altro, celebre per la sua Storia della Letteratura inglese, tradotta nelle lingue europee. In effetti, per restare in ambito accademico, la sua personalità si staglia in un contesto scientifico  mai raggiunto e difficilmente raggiungibile, alla Università la Sapienza di Roma e cioè in quegli anni sedevano alle cattedre professori che singolarmente hanno dato un apporto impagabile  alla cultura non solo nazionale, oggi ancora attualissimo:  per la dottrina del folklore Paolo Toschi, per la Lingua Francese Giovanni Macchia,  per quella Tedesca Bonaventura Tecchi,  per la letteratura latina Ettore Paratore, per quella Italiana Natalino Sapegno, per l’Italianistica Tullio de Mauro, per l’Archeologia Ranuccio Bianchi Bandinelli, il primo professore  comunista della Sapienza, all’epoca  con scandalo di non poche anime candide… 

Ma Mario Praz va ricordato  per l’apporto da lui dato all’arte europea, grazie ai suoi numerosi scritti e  alla sua  ricchissima collezione di antiquariato messa assieme nel corso della esistenza. Quello che desidero portare all’attenzione del lettore, oltre alle opere letterarie quali ‘La Casa della vita’, ‘La filosofia dell’arredamento’, ‘Fiori freschi’,  è la collezione impostata in sessantanni di ricerca e di impegno e ora proprietà dello Stato Italiano che meritoriamente evitò che andasse dispersa in qualche vendita all’asta. Oggi questa collezione è diventata  la Casa Museo Mario Praz ed è visibile in Palazzo Primoli in Via Zanardelli, affianco al Museo Napoleonico e alla Fondazione Primoli: è la sua lezione di Storia dell’Arte. Sono in esposizione circa mille cento  pezzi  di arte antica, in gran parte fine 1700 e inizi 1800, vale a dire il Neoclassicismo, lo stile Impero, lo stile Biedermeier e lo stile Regency: sono oggetti della più grande varietà, avori, porcellane, ceramiche, vasi, candelieri, ventagli, statuine, argenteria, libri e stampe ed altro; una serie ricchissima di acquarelli e tempere e guazzi selezionatissimi che illustrano scene di interni o di arredamenti o di riunioni di persone; quadri ad olio di ritrattistica o di scene di genere o familiari; mobili, specie piccoli mobili dell’epoca di grande varietà e qualità; e poi tappezzerie, rari tappeti orientali, lampadari, librerie e una grande quantità di libri. Immenso il suo impegno e la sua ricerca continua. Non si trattò solamente di una caccia appassionata ma anche del successivo studio e esame approfonditi degli oggetti rinvenuti e la loro inappuntabile catalogazione, un contributo significativo all’arte specie decorativa. Le sue fonti di approvviggionamento i grandi antiquari di Roma, Sestieri, Di Castro, Veneziani, Antonacci-Papadato, Lampronti, Canessa, alcuni ancora sul posto, e il mercato europeo di Parigi, di Londra, di Vienna, di Monaco da lui sistematicamente frequentato e le grandi aste internazionali: una ricerca affannosa, il solo obiettivo autentico della sua esistenza: anche l’oggetto più modesto doveva rispondere a severi criteri di qualità e di rarità. La sua vita matrimoniale durò pochi anni, quattro-cinque e poi per la gran parte assistito da una fedele governante. Solo e felice pur se attento alle amicizie e ai rapporti, anche con personalità importanti europee:  il suo appartamento, prima in un antico Palazzo in Via Giulia e poi dal 1969 a Palazzo Primoli, era una meta permanente di visitatori: i tre registri delle visite contano circa 4500 firme! Una  intiera pagina è occupata  dalla firma della regina Margaret d’Inghilterra, senza citare i grandi nomi della letteratura e dell’accademia e del giornalismo che sarebbe troppo lungo elencare. Il vero e autentico amore erano gli oggetti raccolti: il  rapporto con la sua collezione non era diverso da quello di ogni collezionista, ma per Mario Praz rappresentava veramente tutto: ammirazione continua, godimento, studio approfondito,  soprattutto…amore! Che io sappia solo un grande cultore d’arte, John Pope-Hennessy, espresse un medesimo concetto sbalorditivo, quasi rivoluzionario sul significato dell’arte, quasi analogo a questo di Mario Praz: “…la certezza, il conforto nelle cose. Gli oggetti possono deluderci a volte, gli uomini sempre perché non possiamo conoscerli e quando lo crediamo, una benda ci copre gli occhi, l’amore. Gli oggetti….bisognerebbe… capire i loro sorrisi, le loro lacrime , il loro silenzio, l’armonia dell’abbraccio che mi protegge chiuso in questo regno fermo contro il mutamento!” L’opera d’arte al di sopra di tutto!

Nel contesto di tal mondo classico non poteva trovare spazio l’espressione artistica della sua epoca cioè le varie correnti che in quegli anni imperversavano in tutto il mondo e perciò ancora di più il suo isolamento e    motivato e sentito il rifugio nel suo mondo. La farneticante e distruttiva cementificazione democristiana della Città Eterna in quegli anni terribili incrementava il suo atteggiamento di repulsione verso il contemporaneo.    E in questo contesto di modernità imperante affianco al mondo fermo e immobile di Mario Praz, è intrigante rammentare che ad un certo momento nell’antico palazzo il Professore cominciò ad incontrare per le scale truppe di personaggi  i più strani e sconosciuti e poi rumori assordanti e chiassosi: era avvenuto che all’ultimo piano, mille metri quadrati di superficie circa, sovrastante il proprio appartamento, si era insediato  il personaggio sicuramente più turbolento e spettacoloso, anche oltre i confini nazionali, della Roma di quegli anni: musica a tutto volume, due o tre apparecchi televisori continuamente accesi, vociare, grida, gente di tutti i sessi che saliva e scendeva in continuazione, addirittura il Professore, affranto, distingueva perfino il rumore di una bicicletta che si spostava nell’appartamento! Si trattava di Mario Schifano, artista incredibile, creatore o tra i creatori della pop art! Saranno necessari anni per conoscere e comprendere la sua vita e la sua arte! Una esplosione umana. La maturità e sensibilità dei due erano troppo elevate per non trovare la via della pacifica convivenza e perfino della simpatia reciproca, cosa che avvenne. Dopo pochi anni Mario Schifano acquistò un antico palazzo a Trastevere a Via delle Mantellate e lì si insediò fino alla fine della  propria esistenza.

La Galleria Naz. d’Arte Moderna di Roma in una mostra del  maggio-settembre 1987 espose al pubblico una selezione della collezione: ne raccomando il catalogo relativo che consente, in aggiunta, di conseguire una visione più completa del professore Mario Praz, oltre a una visita naturalmente alla Casa Museo.  

                                                                                                Michele Santulli

 

 

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