La ricorrenza dei cinquecento anni dalla morte del ‘divino’ pittore è uno dei motivi per richiamare alla memoria qualche circostanza che in un certo modo alla luce di alcuni episodi e fatti storici, evidenzia anche le relazioni con i ciociari, incredibile che possa sembrare. Già una visita ai Musei Vaticani testimonia tale relazione: dopo la visita delle celeberrime quattro ‘Stanze’ affrescate da Raffaello, viene immediatamente quella dedicata alla Immacolata Concezione affrescata da altro artista nello stile perfetto del Maestro, ma nel 1800: qui si assiste alla proclamazione del Dogma dell’Immacolata del 1854 e il popolo che assiste all’evento secolare è rappresentato dalla ciociarella nel suo smagliante costume che al bambinello al suo fianco indica il Papa che officia. E si ha la riprova storica che ad un certo momento, nel corso del 1800, al forestiero a Roma a quell’epoca il vero abitante della Città Eterna, il romano autentico dunque, era il ciociaro nel suo splendido costume. E perciò i titoli dei quadri con le immagini della ciociarella o del pastore o del brigante cominciano ad essere non più l’Italiano o l’Italiana bensì ‘Roma’ o ‘romano/a’. Pur se tale circostanza a qualche orecchio può sembrare peregrina, se si pensa alla situazione dell’epoca e cioè al numero degli abitanti di Roma che superano di poco, stando alle cronache, le centomila unità e se si pensa alla quantità impressionante di preti, monaci, monache, sagrestani, perpetue, orfanelli, trovatelli, poi di nobili e aristocratici coi loro seguiti che affollavano le strade in ogni momento della giornata e che gran parte dei romani erano in effetti tutti caffettieri o pizzicagnoli o ristoratori o bottegai o artigiani, allora ben si comprende come la quantità considerevole dei ciociari presenti e visibili in giro e dediti alle occupazioni più comuni rappresentassero una realtà incontestabile. E ovviamente una conseguenza di tale scoperta e costatazione per i forestieri e turisti fu che divenne normale e storicamente corretto ritenere i ciociari gli abitanti di Roma anche nei secoli precedenti. E quindi fu altrettanto normale che nelle scene settecentesche e perfino seicentesche gli artisti ne animassero le scene con personaggi in costume ciociaro. E quindi perveniamo al nostro tema: allorché qualche pittore dell’Ottocento, e ve ne furono, inebriato e incantato dopo la visita delle ‘Stanze’ vaticane surricordate, volle ricreare qualche episodio della sua vita, fu perfino naturale per lui ricreare Raffaello nello studio, magari col Papa che lo osserva, che sta dipingendo la sua modella seduta o in piedi sulla pedana: una ciociara! A ribadire la consonanza e sincronismo ma soprattutto la imponenza della comunità ciociara rispetto alla popolazione vera e propria quale, per esempio, descrittaci da Bartolomeo Pinelli, e non solo nell’Ottocento bensì anche nei secoli passati! E questo raro dipinto di Charles F. Jalabert (1863-1901) che abbiamo il pregio di illustrare al lettore, documenta quanto fin qui accennato su tale pagina della storia ancora tenuta sotto silenzio e cioè quella che possiamo giustamente definire la ‘Ciociarizzazione’ di Roma nel 1800.
Per tornare a Raffaello che dipinge la ciociarella col bimbetto in braccio davanti a lui e al Papa, va tenuta a mente un’altra considerazione: noi abbiamo scritto: ‘la sua modella sulla pedana’, pertanto a quell’epoca, nel 1500, una tale espressione non era linguisticamente possibile poiché il termine ‘modella’ al femminile non si conosceva! Bisognava impiegare il termine ‘modello’ al maschile oppure qualche altra espressione. E infatti scorrendo le pagine di MODELLE E MODELLI CIOCIARI A ROMA PARIGI LONDRA 1800-1900 che caldamente raccomando, si viene a scoprire che in effetti la parola ‘modella’ appare per la prima volta a Roma inizi 1800 in concomitanza dell’incontro artisti stranieri e umanità ciociara: nelle altre lingue europee, ancora oggi, è disponibile una sola glossa per i due generi.
Michele Santulli
C.F.Jalabert: Raffaello nello studio,79×133 cm, prop. priv.