“Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro” (Art.51 Costituzione). Questo è quanto impone la Carta Costituzionale in merito ai candidati a qualsivoglia carica elettiva (sindaco, consigliere, deputato, ecc.). Come si vede “funzioni elettive” e “posto di lavoro ” sono un tutt’uno, sono imprescindibili, l’una è la condizione dell’altra, non la moglie o la madre, ecc.. E poco dopo (art.54) aggiunge i requisiti connessi: disciplina ed onore, due macigni, che racchiudono tutto quanto ci si possa aspettare da un cittadino degno di questo titolo che intende cimentarsi nel governo di una istituzione pubblica, macigni pesantissimi divenuti oggi sabbia e ovatta. Non esiste perciò, non è previsto che l’assolvimento di una funzione pubblica comporti la rinuncia e l’abbandono e la messa da parte della propria occupazione! Camminano di pari passo!
Gli Italiani dai tempi di azzeccagarbugli, sono divenuti alti specialisti della ermeneutica e della interpretazione cavillose, cosicché perfino il rosso diventa bianco e viceversa, come quando hanno tramutato, nella generale indifferenza o nella accademica indignazione, il concetto chiaro e indiscutibile di ‘senza oneri per lo Stato’ addirittura nel suo opposto, a sberleffo di De Gasperi e di Togliatti e di Calamandrei!!! Tale art.51, un distillato semantico perfetto, risultato di chissà quante discussioni e approfondimenti: divenuto anche questo truffa e imbroglio. Nella redazione della Costituzione Repubblicana i Legislatori hanno voluto puntualizzare che l’esercizio di una funzione pubblica (sindaco, deputato, consigliere, ecc.) è, quando realizzabile e realizzato, il risultato di una istanza etica e morale del cittadino a favore della comunità e assolutamente il requisito fondamentale di questo candidato, una garanzia, non è il titolo accademico o il censo bensì la titolarità attiva e produttiva di un mestiere o di una professione: i Legislatori altresì hanno voluto intendere che a tale cittadino attivo e produttivo sollecito del bene pubblico, lo Stato, grato, gli assicura il ‘diritto al tempo necessario’ sia all’adempimento dei doveri civici e sia all’assolvimento di quelli inerenti il proprio lavoro. In queste condizioni di massimo senso civico ed etico, i concetti di ‘disciplina ed onore’ di cui si parla all’art.54 e che debbono contrassegnare ‘il candidato alle pubbliche funzioni’ non sono più un diritto o un obbligo, ma semplicemente un dovere morale, implicito e connesso con il tutto. Inoltre il Legislatore non parla di emolumenti o prebende o compensi o addirittura di stipendi per tali civiche incombenze!! Né lontanamente prevede modi differenti di dedicarsi alla vita pubblica.
E’ da chiedersi: se De Nicola o De Gasperi o Togliatti o Dossetti o Calamandrei o Nilde Iotti o Di Vittorio o Concetto Marchesi o La Pira o Moro o Leone o Paolo Rossi senza contare gli altri deputati della Costituente Luigi Einaudi, Ignazio Silone, Nenni, Amendola, Scalfaro, Ferruccio Parri, Fiorentino Sullo, Paietta, Merzagora, Benedetto Croce, Foa, avessero solamente dato uno sguardo alle assemblee parlamentari degli anni trascorsi, con particolare riguardo a queste ultimissime o alle lotte sanguinose registrate in certi partiti per posti di potere e di soldi, è poco credibile che al cospetto di tale letale ed esiziale stravolgimento del dettato costituzionale avrebbero espresso qualche commento: ben altro indubitabilmente avrebbero fatto come loro risposta! Centinaia di persone di questo calibro e di questa umanità e scienza, in 18 mesi, gomito a gomito, fianco a fianco, riuscirono ad inventare un monumento di civiltà e di moralità che non ha eguali al mondo, all’insegna della libertà del rispetto e dell’amore per il prossimo: una guida e un lasciapassare, come nessuno. A poco a poco, invece, i discendenti ed epigoni di questi uomini e donne del 1946 hanno consentito e ottenuto, per superficialità per leggerezza per lassismo addirittura per sete di soldi e di potere principalmente, che i sacri scranni della Legge e della Giustizia divenissero e si trasformassero in poltrone attorno ad un tavolo imbandito con grassa e ben servita selvaggina! Una involuzione mostruosa e criminale che passo passo ha avuto come esito quello inevitabile: la distruzione e la decadenza dell’Italia, in ogni sua componente ed elemento, nessuno escluso: è il momento presente, se lo si sa o lo si vuol leggere. Per tornare all’art.51 dell’uomo politico che è prima di tutto lavoratore, gli uomini di cui sopra non hanno parlato di ‘diritto’ alla moglie o alla madre o al figlio né tanto meno di titoli accademici o di altra natura o di stato sociale bensì di ‘diritto’ all’esercizio della propria attività: non è una raccomandazione parolaia. Essa rientra in un concetto ben radicato in tutti i padri costituenti, una garanzia: l’impegno politico è inteso quale soluzione temporanea, libera e spontanea, per poi tornare al proprio lavoro; non è previsto dunque il politico per professione o perfino il professionista osceno della politica!!! O il disoccupato o portaborse o leccaculo o avventuriero o senza arte né parte o l’amica del capobastone, a caccia spietata della selvaggina. Né tanto meno sono previsti vitalizi, quest’altra italica novità da satrapia babilonese. Che la Magistratura, somma e sola garanzia, controlli attentissimamente che gli organi preposti, specie la Prefettura, svolgano la loro opera all’insegna degli obblighi della Costituzione nella selezione dei candidati.
Michele Santulli