E’ incredibile quante sorprese dalla figura di Amleto Cataldi, lo scultore di Roma, personaggio di primario significato nell’arte europea del primo Novecento: eppure trattato con sufficienza, quando non letteralmente vilipeso, come si legge nel Dizionario Treccani, il primo sito che si incontra in google: scheda zeppa di errori, di gigantesche omissioni, di strafalcioni imperdonabili, di giudizi fuori della realtà… un veleno per l’artista. In verità è il solo strumento attendibile a disposizione di tutti coloro in cerca di informazioni sull’artista.
E’ storia che nel 1920 il re Vitt.Em.III e le massime gerarchie politiche e industriali lombarde fossero convenute a Crespi D’Adda in provincia di Bergamo, per inaugurare il monumento dedicato ai 64 operai caduti in guerra. Il monumento fu realizzato da Amleto Cataldi dietro commissione degli industriali Crespi, Cristoforo Benigno Crespi e il figlio Silvio Benigno, opera talmente classica e scevra da ogni amplificazione retorica da poter essere considerata contraltare del ‘Quarto Stato’ di Pellizza da Volpedo, l’opera pittorica assurta a simbolo delle lotte operaie. Cataldi realizzò anche i busti dei membri della famiglia Crespi, industriali rinomati, proprietari tra l’altro del ‘Corriere della Sera’. Un membro della famiglia, Pio Crespi, ebbe occasione di conoscere e anche di apprezzare l’artista e in quel medesimo anno, 1920, forse consigliato da Cataldi stesso, acquistò la Danzatrice famosa esposta alla Biennale di Venezia. Pio Crespi il medesimo anno fu inviato dalla famiglia in America a rappresentare gli affari aziendali e così avvenne: si stabilì nel Texas, a Dallas e portò avanti con successo l’attività intrapresa. E in questo momento si innesta una storia di colore che mi piace raccontare perché assolutamente sconosciuta.
Pochi anni dopo il suo arrivo nel Texas, Pio Crespi, acquistato un lotto di dieci ettari in una zona prestigiosa della città, con l’intervento di un noto architetto si fece costruire la propria abitazione: una volta terminata, con le dipendenze, un parco all’italiana, i servizi e tutto quanto si può immaginare di meglio e di esclusivo in siffatti contesti, la scultura del Cataldi fu collocata nel parco e qui, esposta all’aperto: la Danzatrice acquisì la delicata patina di acqua che ancora oggi la connota in certe parti.
A seguito degli incontri sociali ed eventi che vi avvenivano e altresì delle voci e commenti che seguirono nel corso degli anni, ad un certo momento la villa Crespi di Dallas assurse a simbolo della casa più bella e prestigiosa degli Stati Uniti! Incredibile! E quindi anche la Danzatrice visse, di riflesso, lo splendore e il successo della famiglia Crespi.
Epperò ad un certo punto, come sempre succede, tutto finisce, quando non ci sono discendenti o quando questi hanno altri interessi e motivazioni. Per cui i quadri furono venduti in Italia, le sculture che arricchivano il parco affidate alla casa d’aste Christie di New York, la villa, “la casa più bella d’America” affidata in vendita ad una agenzia immobiliare. E pochi anni fa effettivamente è stata venduta al prezzo incredibile di 135 milioni di dollari: successivamente i dieci ettari originari in gran parte parcellizzati, dato l’alto valore acquisito dai terreni: basti ricordare che George Bush, l’ex presidente americano, abita nei paraggi.
La Danzatrice, passata in asta a New York, tornò in Italia in collezione privata: fu messa a disposizione dell’Amministrazione Provinciale di FR il cui assessore alla cultura dell’epoca ne apprezzò il significato e organizzò con impegno e buon gusto una esposizione per diversi mesi che riscontrò successo e gratificazione da parte del pubblico.
Michele Santulli