L’autore famoso dell’Amante di Lady Chatterley osservando dei reperti etruschi ebbe ad affermare, ispirato dalla propria cultura umanistica: “il sangue degli Italiani è più etrusco che romano”.
D.H.Lawrence, di lui stiamo parlando, è un grande artista e perciò non ha bisogno di documentare né provare la sua perentoria affermazione, scaturita ovviamente e motivata dalla secolare primogenitura etrusca, dall’orizzonte cosmopolita e dalla avanzata civiltà: la contiguità geografica, ostacolata in verità solo da una passerella sul Tevere, non incise sui futuri destini di Roma, ancora comunque non nata all’epoca dello splendore etrusco.
Perciò nessuna ragione per discutere le parole dello scrittore ma ricordato che ‘romano’ è un arbusto trapiantato, una essenza venuta da fuori, quindi non nata nei luoghi, non autoctona, in merito ci piacerebbe solo chiederci se il celebre scrittore ha tenuto conto o ha dato peso al fatto che sulla riva opposta del Tevere, vale a dire sulla riva sinistra, si distendeva una regione abitata da altre popolazioni, numerose quanto gli Etruschi e perfino più antiche! Tale regione al di qua del Tevere e dell’Aniene, racchiusa tra gli Appennini e il Mar Tirreno e al Sud fino al territorio dei Sanniti e degli Aurunci, si chiamava Lazio ed era abitata dai Volsci in gran parte, dagli Ernici, dagli Osci, dagli Ausoni ed altre popolazioni: è la regione dove storicamente, in una certa epoca, è nata e si è realizzata la vicenda di Roma e dell’Italia, prima ancora era la regione dove secondo Omero era approdato Ulisse e poco dopo, secondo Virgilio, Enea con i suoi; ma prima ancora di Ulisse e di Enea, fu il luogo di rifugio di dio Saturno e dei Pelasgi fuggitivi dalla Grecia: sbarcati in qualche porto della costa pugliese, risalirono mezza Italia ed è in questa valle ubertosa dell’antico Lazio solcata dai fiumi Liri e Trero, oggi Sacco, dalle acque argentine e scroscianti, che ammirati e appagati si stanziarono: la regione rispondeva perfettamente come nessun’altra alla loro condizione di fuggitivi: protetta dagli Appennini invalicabili, dai fiumi Tevere ed Aniene, dall’altro fiume Garigliano al proprio Sud e, al di là dei dolci pendii dei Lepini, degli Ausoni e degli Aurunci si apriva davanti a loro la visione di un altro mare, simbolo di libertà e di avventura. In merito, e non per creare confusione nel lettore, alcuni storici sostengono che gli antenati degli Etruschi fossero proprio i Pelasgi! quindi si torna sempre all’antico Lazio, fucina di storia e di eventi, prima in Italia! Grazie ai nuovi arrivati iniziò la cosiddetta età dell’oro di cui racconta il mito e, assieme, tra l’altro, la origine delle cittadine appollaiate sui monti che dopo alcuni anni, quando i fuggiaschi erano ormai ritornati alle loro terre, si protessero con mura possenti dette, a memoria, mura pelasgiche o ciclopiche. Qualche secolo dopo, siamo all’arrivo di Enea, quando i Volsci erano già insediati da anni al di qua e al di là dei Monti Lepini ed Ausoni. Dopo le lotte vittoriose di Enea e dei suoi alleati della zona contro i Volsci e altre tribù locali, e dopo gli altri episodi leggendari descritti nell’Eneide sui quali nel corso degli anni si innesta l’inizio della nascita e vicenda di Roma, una storia a parte, pur se più leggendaria anche essa che storicamente accertata, è quella che ha per protagonisti i due fratelli fondatori Romolo e Remo: ed è in tale contesto leggendario che possiamo comprendere perché più sopra, parlando dei Romani, abbiamo detto di “un arbusto trapiantato, non originario”. Infatti i due fratelli non erano ‘romani’ perché erano i figli di qualche pecoraio o di qualche contadino della comunità volsca, la più immediata e consolidata oltre che più numerosa, come detto: se ne erano allontanati per qualche ragione e recati verso il fiume Tevere. Qui capitarono in una zona pianeggiante pur se paludosa, abitata da rospi e rane e bisce guizzanti: probabilmente si univa fino alle Paludi Pontine. Il posto si estendeva ai piedi di due collinette verdeggianti di alberi, l’una di fronte all’altra, abitate da miriadi di uccelli che ancora di più attrassero Romolo e Remo. E a dispetto di quella riva del fiume divenuta un esteso acquitrino, i due fratelli decisero di farne la loro destinazione. Dall’epoca di Saturno e da quella successiva di Ulisse e di Enea, sono passati ormai alcuni secoli e ora siamo intorno all’ottavo, sempre prima della venuta di Cristo. E la presenza dei due fratelli che avevano iniziato di buona lena a bonificare i luoghi fu motivo di richiamo di altri giovani della regione anche loro in cerca di avventure e di nuove esperienze, ai quali si frammischiarono a poco a poco anche sfaccendati, bricconi e vagabondi, tanto da costituire ad un certo punto un nutrito gruppo e consorteria e fu allora che iniziarono a guardarsi attorno in vista di possibili fonti sia di sostentamento sia di accrescimento: e iniziò la lenta penetrazione e assoggettamento delle pacifiche popolazioni insediate nel territorio. E da qui nacque tutto il resto e quindi la origine di Roma e il nome di ‘romano’ e a tale proposito al lettore più curioso raccomando gli approfondimenti in “ORGOGLIO CIOCIARO/Ciociaria Pride”. E per tornare alla affermazione dello scrittore è ben possibile, studiando più approfonditamente le origini, che gli Italiani possano essere più figli degli Etruschi ma sicuramente non anche dei Romani!
Michele Santulli