Bonnat, L.J.F. Ciociarella 1860 Mus.Hermitage
Curzon A. De, Young Girl of Galinero, Sotheby New York
Jalabert, C.F. Maria Pasqua,1863, 38×23,7 Walters Art Museum, Baltimora
Una bimbetta che all’età di 6 anni, causa la miseria e il degrado, ballava, cantava, percuoteva il tamburello per le vie di Parigi mentre il padre suonava il piffero e cantava. Stando ai quadri che la illustrano e alle cronache, una bimba dotata dalla natura di quegli attributi che portano a parlare di bellezza: Maria Pasqua è il nome, dagli occhi verdi, i capelli ramati, viso perfettamente ovale, divenne, incredibile a dirsi, soggetto ricercatissimo degli artisti: la dipinsero non pochi altri nomi significativi come Bonnat, Jalabert, de Curzon, Henner, Hébert. Aveva iniziato il padre ad esporla in pubblico già a cinque anni mentre lui ballava, pifferava o elemosinava e fu qui a Roma che si rese conto dell’attenzione che Maria Pasqua incontrava tra gli artisti specialmente dell’Accademia di Francia. E perciò la determinazione: perché non andare assieme a Parigi? E così avvenne, dopo aver lasciato moglie e due figli a Velletri, dove si erano insediati (è a uno studioso veliterno che devo la informazione), raggiunsero Parigi a piedi, dopo oltre due mesi di peripezie ed avventure. A Parigi in una situazione abitativa estremamente precaria assieme agli altri ciociari alla Rue des Boulangers, nel Quartiere Latino. Era il 1862 e Maria Pasqua nel suo vestitino ciociaro perfettamente tenuto in ordine dal padre Domenico anche qui a Parigi incontrò incredibile consenso. La visione delle opere illustrano sia il bel volto e sia il bel costume ciociaro. Un critico illustre dell’epoca scrisse che nel Salone d’Arte di quell’anno 1863 erano presenti almeno otto quadri e una scultura aventi per soggetto Maria Pasqua. Le cronache registrano che il ritratto dipinto dal pittore Ernest Hébert fu acquistato da un membro della nota famiglia di banchieri Rothschild. Questo quadro particolare di Hébert fu ammirato e più volte contemplato da una nobildonna appassionata d’arte, la Contessa di Noailles, inglese e anche francese: colpita dalla bellezza espressiva della bimbetta e contrariata che il dipinto non fosse più disponibile. Dopo indagini ed accertamenti entrò in contatto con Domenico: alla fine, in cambio di due sacchetti di monete d’oro comprò letteralmente la bimba, alla guisa di un pollo o di un coniglio. Il padre capì che una esistenza migliore l’attendeva, pose due condizioni: mai più posare e conservare la religione cattolica.
Madama faceva parte dell’alta nobiltà, diverse dimore in Inghilterra e nella amata Francia a partire dai Campi Elisi di Parigi; vedova e sola, coi suoi animali amatissimi, tra i quali delle mucche speciali e con la servitù: riversò le sue attenzioni e il suo amore su Maria Pasqua offrendole, tra l’altro, le migliori possibilità educative. Però la vita di strada condotta a Parigi e la figura dell’amatissimo padre Domenico e l’immagine del paesello arroccato su un monte con in basso il fragore di due fiumi, erano incancellabili nella mente. Intanto gli anni passano felici.
Come si sa il destino a dispetto delle più grandi cure ed accorgimenti, procede inesorabile senza tener conto di niente. Maria Pasqua era ora una splendida giovane che amava passeggiare, cantare, parlare, stare in compagnia e in società: in una di queste occasioni sociali ebbe modo di notare un signore che stava imboccando un bambino e si avvicinò incuriosita e attaccò discorso. Una volta vicina ebbe come un sussulto: l’uomo ai suoi occhi era la fotografia dell’amato genitore Domenico, sempre nella sua memoria, pur dopo tanti anni passati: Maria Pasqua aveva venti anni. Si innamorò dell’uomo, un medico, Philip, vedovo di una donna molto ricca e più anziana di lui: aveva abbandonato la professione, l’occupazione principale divenendo l’amministrazione dei propri beni nella contea di Norfolk nel Centro del Paese, sul mar del Nord e poi la caccia e i cani.
Tutta la vicenda e un fidanzamento pieno di incertezze e di dubbi da parte di Maria Pasqua e della Contessa durati cinque anni e il matrimonio sono narrati in un libro scritto da una pronipote, con la massima cura e rispetto. Maria Pasqua pur negli agi e circondata da quattro figli, di cui uno morto ancora in giovane età, trascorse una vita fino alla fine nella tristezza e nella malinconia in quanto quasi reclusa in casa, con affianco un marito, pur attento e premuroso, in sostanza egoista e insensibile, attento ai propri interessi, ignaro delle esigenze e della educazione e delle aspettative culturali della moglie il cui unico godimento, oltre ai figli, erano le visite di Madama che aveva ben compreso la situazione. Indimenticabile per Maria Pasqua, affianco ad un uomo distaccato e incolto, la sua esperienza a Parigi affianco al padre e il ricordo del paesello dove vivevano in estate, da dove si godeva una vista a 360 gradi tutto intorno con in lontananza le montagne innevate e il lamento della zampogna.
Maria Pasqua non tornò più a Roma sia perché Madama era contraria in quanto temeva che l’eventuale contatto con i familiari specie con la madre Carolina potesse causare qualche disguido e problema e sia anche perché il marito contrario ad abbandonare la propria tenuta e le proprie occupazioni. Singolare che la pronipote scrittrice intraprendesse più di un viaggio a Sora specialmente perché sovente menzionata da Maria Pasqua e poi a Velletri e in tutto l’Abruzzo paese di montagne innevate: soggiorni a Sulmona e a Scanno che più di tutte sembravano riecheggiare qualche ricordo. In effetti Maria Pasqua non ricordava Gallinaro, il paesello delle memorie.
Da notare che oltre ai due fratelli menzionati più sopra Maria Pasqua ebbe dopo di lei un altro fratello e tre sorelle, tutte splendidamente dotate dalla natura. Altresì singolare il fatto che in Iscozia in una tenuta nobiliare immersa nel verde, abitasse una sua sorella, Maria Antonia Amelia, anche lei modella di grande successo qualche anno più tardi a Parigi presso lo scultore Rodin e ora addirittura baronessa avendo sposato un lord scozzese nella Contea di Perth. Si spensero a un anno di distanza l’una dall’altra, senza sapere delle rispettive presenze, nel 1938 e Maria Pasqua nel 1939.
Michele Santulli