LA ‘GRANDE RAZZIA’, 1900

Termine più consono rispetto a ‘Grande saccheggio, uno’  e a ‘Colossale saccheggio, due’  già apparsi.   L’ignoranza, la insensibilità e, dal 1950, la cementite acuta e altro, hanno ottenuto che l’Italia abbia continuato a subire la quasi totale spoliazione della sua unica autentica ricchezza materiale cioè del suo patrimonio artistico archeologico, unico al mondo per varietà, per qualità e per quantità! I paesi civili si arricchiscono in tutti i sensi, letteralmente, su tale patrimonio impagabile. Sono  duecentocinquantanni almeno che dura il gigantesco saccheggio,  nella quasi totale indifferenza o quanto meno, inconsapevolezza! L’Italia si è letteralmente appezzentita di una ricchezza incommensurabile: quanto presente nei  musei italiani  è  pochissima  cosa rispetto a quanto contrabbandato al di là delle Alpi, senza contare  le dimensioni dei musei stessi:  si facciano anche certi raffronti, per comprendere meglio la situazione; i più famosi musei italiani sono  la terza parte del Museo d’Orsay, la quinta parte del Louvre, la decima del Metropolitan ecc. senza contare la estrema e perfino grottesca moltiplicazione e frammentarietà nostrane delle iniziative   museali cosiddette archeologiche consistenti in due o tre stanze anche nei paesetti di mille abitanti, senza citare  quanto ivi esposto e il numero dei visitatori e la vigilanza, ecc.! Si badi, non musei civici, che sarebbe ben altro, auspicabili. La frequenza dei musei italiani da parte degli Italiani! I cittadini, in verità, non sono stati mai messi in condizione di rendersi conto pienamente di quanto possedevano e posseggono e altresì  di quello che succedeva  e succede sul loro territorio con riferimento all’arte antica, oggi stesso,  pur in giro tanti carabinieri e finanzieri e  poliziotti e vigili urbani e altri organismi,  i dilapidatori  operano  anche in pieno giorno con ruspe e bulldozers, indisturbati.

Ultimamente abbiamo dato pur se riduttivamente, uno sguardo abbastanza istruttivo alle spoliazioni avvenute  nel 1700 e nel 1800, ora uno sguardo al 1900, ancora più devastante: gli attori protagonisti sulla scena sono poche decine ma migliaia in verità le comparse, cioè i tombaroli, gli scavatori clandestini, muratori e contadini, adesso muniti anche di attrezzature elettroniche e di ruspe, specie in tutta l’Italia centro-meridionale. Una rete di vendita e di movimentazione che non si immaginano, cifre colossali in circolazione,   tanta la voracità degli acquirenti nel mondo. In effetti il traffico illecito dei beni archeologici ad oggi  secondo una voce autorevole ‘costituisce  la più grave forma di distruzione del patrimonio artistico italiano’ e allo stesso tempo una delle fonti di maggiore arricchimento, pari al mercato della droga o delle armi. L’UNESCO ha calcolato in 2,2 miliardi di dollari annui il commercio delle opere saccheggiate in Italia, in Grecia, nel Sud-Est asiatico…Si ha paura a tradurre  in Euro tale importo, figurarsi in Lire.

Diamo un breve accenno alle cifre  ma prima si rammenti che tutto quanto  in esposizione nei musei e istituzioni analoghe del pianeta, a partire dalla numismatica, dalla oreficeria, dalla glittica fino all’oggettistica più preziosa etrusca e romana, come pure la enorme quantità di sculture, vasi, oggetti, busti e quant’altro,  è tutto originario dell’Italia! Qualche cifra, con riferimento al 1900: il Vaso greco di Eufronio (ved. web) rubato alla necropoli di Cerveteri, fu pagato dal Museo Metropolitan di New York  un milione di dollari, pari a un miliardo e 700 milioni delle vecchie Lire; la Venere di Morgantina (id.)  fu acquistata dal Museo Getty americano per 18 milioni di dollari, pari a 40-50 miliardi delle vecchie Lire; l’incredibile e unico Trapezophoros (id.)  fu acquistato sempre dal Getty Museum per 5 milioni e  500 mila dollari pari a circa dieci miliardi delle vecchie Lire, la celebre Triade Capitolina (id.) già venduta ad un collezionista svizzero per 5.5 miliardi di Lire, era stata concordata per la vendita finale ad un museo per una cifra pari a 55 miliardi di lire: queste opere sono tornate in  Italia, dopo molti anni di trattative. A cospetto di tali cifre, che sono quasi zero rispetto alla enorme quantità trafugata, non si sa dove scorrano più soldi se nella droga o nelle armi o nelle antichità. Sono tutte porte che, aperte, lascerebbero scoprire realtà inaudite che solcano il globo, il desiderio spasmodico di possesso degli oggetti d’arte da parte di certe categorie di personaggi e di istituzioni, da sempre. Si ricordi che la Russia negli anni ’20 per far fronte alla situazione in cui si trovava lo Stato, mise in vendita capolavori insostituibili  soprattutto del Rinascimento italiano acquistati secoli prima principalmente da Pietro il Grande e poi dalla zarina Caterina II; la Grecia sono anni che lotta  per rientrare in possesso dei marmi del Partenone, l’Egitto lo stesso da anni per riavere almeno la cosiddetta stele di Rosetta e così la Turchia, l’India… L’Italia, a mio avviso, si trova al livello esatto dei talebani, con la differenza che questi hanno letteralmente annientato parte dello straordinario  patrimonio archeologico dell’Afganistan spinti da  una motivazione religiosa laddove gli Italiani hanno accettato il furto apocalittico  delle loro opere d’arte sul loro territorio durante quasi trecento anni solo a seguito della più turpe ignoranza e della insensibilità più ingiustificabile, oggi addirittura criminali. La caccia ai beni archeologici oggi è più spietata che mai, non considerando quella subacquea completamente fuori controllo, non considerando quanto nei territori vesuviani per mezzo addirittura di tunnel di centinaia di  metri o nei territori flegrei…  In sostanza la sola speranza possono essere gli studenti, se aprono gli occhi e vedono: le parole di Raffaello a papa Leone X più che mai attuali:  “aver cura che quel poco che resta di questa antica madre della gloria e della grandezza italiana, non sia estirpato e guasto dalli maligni e ignoranti”.

L’opera pur benemerita del corpo Carabinieri preposto al recupero è infima cosa rispetto al cataclisma avvenuto e che continua a verificarsi, anche perché, a parte le lungaggini burocratiche e procedurali nonché quelle giudiziarie semplicemente assurde, avviene in verità che se rubi un paio di mutande o due mele  vai  in prigione di sicuro, se distruggi o rubi  un patrimonio artistico di valore eccelso non andrai mai in galera in Italia. E quindi i ladroni si godono beatamente, indisturbati le ricchezze accumulate e quasi nulla muta.

Avremmo dovuto dotarci, oltre che di leggi inflessibili, di decine di musei archeologici adeguati alla nostra smisurata ricchezza per conservare e valorizzare tale patrimonio e invece quasi ridicolo quanto abbiamo in proporzione! Forse questa è anche una ulteriore causa della spoliazione e cioè la notoria incapacità sia a conservare sia a valorizzare. Per esempio, quanto presente nei due o tre musei archeologici considerati più importanti nazionali è più che modesto rispetto solamente alla qualità principalmente  e anche alla quantità, di quanto nei soli Musei Vaticani che la Chiesa, tra l’altro, valorizza al meglio! Figurarsi rispetto al Louvre o al British Museum o al MET  o a Berlino o perfino ai musei occidentali del Giappone….. Non si comprende, inoltre, demerito altrettanto pernicioso, che abbiamo privato il Paese di una notevole fetta di turismo mondiale che ricerca tali beni nei paesi originari, a propria gratificazione e acculturazione.

Vorremmo citare dei nomi di predatori e commercianti, personaggi di altissimo livello, quasi tutti ancora viventi ma forse  citando il nome del malfattore non aggiungiamo nulla al malfatto, perciò per il lettore curioso che  ama verificare e approfondire vi è a disposizione uno strumento esaustivo con nomi e vicende su questo terribile fenomeno che ha oltraggiato e ancora sta oltraggiando l’Italia: è  il seguente libro:  Fabio Isman : I predatori dell’arte perduta, Edizione Skira. 2009.

Su questo mostruoso  terribile appezzentimento dell’Italia, ognuno esprima le proprie considerazioni, ma qualcuna va fatta anche qui: stando la situazione organizzativa nazionale  esistente, come più sopra solo adombrata, non è forse più accettabile che siano i musei stranieri a dare custodia e a far ammirare questi oggetti ormai usciti dal Paese?  Si pensi solo che per salvaguardare certi concetti spesso astrusi se non risibili seguiti dalle nostre istituzioni, la Venere di Morgantina, una scultura greca in marmo alta più di due metri per la quale il museo americano, come detto più sopra, aveva sborsato cinquanta miliardi delle vecchie Lire per la sua straordinaria qualità e bellezza, è stata affidata al museo di Aidone, un paesetto di quattromila abitanti sperduto in provincia di Enna, dove la scultura in effetti fu ritrovata. Il Trapezophoros, anche più sopra citato, pagato dieci miliardi di Lire dal museo acquirente per la sua qualità unica, è stato collocato nel museo di Ascoli Satriano, un paesetto di poco più di cinquemila abitanti in qualche parte della provincia di Foggia, perché ivi ritrovato. Ma qui ci arrestiamo: al lettore il resto. Oggi le cronache riportano che lo Stato Italiano sta rinvigorendo i tentativi per riavere il materiale trafugato dal suo territorio, saccheggio  oggi più che mai intenso, anche a seguito di certe tecnologie: è vero che affiorano frequenti notizie di opere rientrate in Italia, fortunatamente; e ancora, ammesso che almeno una parte del bene archeologico venga intercettato prima di lasciare il Paese, dove  mai verrebbe destinato?  Dove sono le strutture museali idonee?  I depositi sia dei musei sia quelli in fitto sono già stracolmi per altre ragioni, da anni. Altro aspetto su cui riflettere: i musei al di là delle Alpi, di norma sono autorizzati a vendere certi loro oggetti in certe circostanze, senza difficoltà, normalmente, per esempio il Metropolitan per far fronte ai miliardi pagati per il Vaso di Eufronio, mise in vendita un compendio di monete d’oro in sua dotazione: perché l’Italia, che potrebbe non dico arricchirsi, ma abbassare notevolmente il suo gigantesco debito pubblico, non mette in vendita ma intelligentemente parte del suo immenso patrimonio archeologico, anche quello ancora sottoterra o nel mare, dopo naturalmente averlo dovutamente protetto e impedito il  saccheggio? Anche perché non saprebbe, o addirittura non vorrebbe, dove collocarlo! E poi ultima domanda anche questa retorica, come è accettabile  che questi briganti arricchitisi enormemente a spese del patrimonio pubblico italiano non siano mai stati fatti oggetto di attenzione da parte degli uffici delle tasse malgrado le villone e gli altri beni o le Maserati o Bentley posseduti?

                                                                                                            Michele Santulli

 

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