AMLETO CATALDI E LA ENCICLOPEDIA TRECCANI

Il Dizionario  Biografico degli Italiani edito dalla Enciclopedia Treccani  presenta anche la vita e l’opera di Amleto Cataldi, lo scultore di Roma: la realtà vuole che dalla morte nel 1930 fino ad oggi, l’artista e la sua opera siano caduti nell’oblio ed emarginazione più completi, per cui l’assenza di studi e ricerche, salvo marginali contributi ed interventi, rendono un pur modesto approccio alla figura di Cataldi, molto limitato e dubbioso e nella rete la sola voce imponente e dal nome prestigioso è la scheda redatta appunto dalla Treccani, divenuta perciò la sola fonte di informazione scientifica oggi per tutti gli studiosi e non studiosi che si occupano della scultura del Novecento e perciò di Amleto Cataldi: la pur impagabile Wikipedia, fino ad oggi, in merito a Cataldi, con le sue poche righe  troppo insignificanti e lacunose, è perfino irrispettosa della grandezza dell’artista. I numerosi errori di varia natura presenti nella scheda Treccani gettano una luce di zero attendibilità, per non citare  le deduzioni critiche  cui si abbandona l’estensore della nota. Non tanto il fatto che fa vivere Rodin nel 1923 quando invece era morto nel 1917 o che menziona una biennale veneziana del 1921 quando invece ebbe luogo nel 1922 o che fa morire Cataldi il 10 settembre 1930 quando invece l’artista ci lasciò il 31 agosto, cita due opere nel transatlantico Conte Biancamano mentre si tratta del Conte Grande ma quanto suscita dubbi notevoli sono le disfunzioni e imperdonabili inesattezze in merito alla sua mis-conoscenza delle opere dell’artista nonché della sua personalità: menziona un “fregio frontale per lo stadio sportivo in Via Flaminia” quando invece si tratta di quattro coppie di atleti giganteschi di oltre 3 m in bronzo collocati  a 14 metri di altezza, visibili dall’esterno e dall’interno dello stadio; parla del “suo disegno per la coppa dei campioni al circuito di Monza” mentre si trattò di sculture vere e proprie, una per la gara automobilistica del 1923 e l’altra del 1928; parla di “Tomba di famiglia per i Crespi a Crespi d’Adda” invece si tratta di significativo monumento  dedicato ai 64 operai della fabbrica Crespi caduti in guerra che si  leva nella piazza vicino alla chiesa del villaggio dallo stesso nome in provincia di Bergamo; parla di “una portatrice d’acqua al Campidoglio assieme al Carducci”, laddove si tratta invece  della scultura in bronzo presente nel caffè della Gal. Naz. Arte Moderna sin dal 1930, menziona il busto di A.G.Barrili al Pincio mentre è sul Gianicolo dal 1941, parla  -ripetendo acriticamente un errore di qualche critico- di una Galatea a Villa Borghese mentre si trova da sempre alla Gall. Comunale di Arte Moderna di Roma, la tomba funeraria alla Signora Kandò (e non Candò) non è a Budapest ma in Slovacchia, parla di una tomba della famiglia Raggio a Genova ma in realtà non esiste, menziona Lussemburgo facendo ritenere trattarsi di una città mentre si tratta del nome di un museo parigino, osserva infine, e con ciò vogliamo interrompere tale sequenza  ma non  concludere, che  “molte delle sue opere anche monumentali, vennero rimosse, né è facile oggi rintracciarne la ubicazione”: affermazione offensiva e lesiva e soprattutto integralmente falsa: in realtà nessuna opera dell’artista ha subito questa sorte! Forse allude al monumento ai caduti di Fossacesia di Chieti andato distrutto sotto i bombardamenti della Linea Gustav? O forse alla Medusa meravigliosa di Parigi, fusa durante la guerra per ricavarne palle di cannone? L’articolista se non allude al “Monumento agli studenti della Sapienza” spostato dal cortile della Chiesa di S. Ivo allo spazio interno alla Università la Sapienza nel 1920, allude chiaramente alla vicenda dei gruppi ginnici sopra descritti  -che l’articolista identifica come  “fregio frontale dello Stadio Flaminio”!- che furono rimossi  dallo stadio Flaminio in quanto nel 1957 fu abbattuto e poi ricostruito e ampliato a cura dell’Arch.Nervi e le sculture gigantesche, dopo un breve interregno nei depositi comunali, restaurati e ripuliti trovarono la loro sistemazione definitiva nel Villaggio Olimpico nel corso  del  1960, dove si levano

 

 

maestosi su imponenti piedistalli. Che il critico in questione, in aggiunta, avesse una conoscenza primitiva e approssimata dell’opera di Cataldi -il che conferma la a dir poco sua totale inattendibilità ermeneutica già ricordata- è provato dalla costatazione che nel suo saggio non si citano le opere fino al 1910 tra le quali si registrano dei punti di riferimento della scultura europea del ‘900 quali “Il Figliuol Prodigo”, “L’ultimo gesto di Socrate”, “La figlia del Lavoro”…. . Ma imperdonabile e grave la ignoranza delle numerose danzatrici specie delle due magnifiche  della Biennale  del 1914,  ”La Velata” nel Museo Restivo di  Palermo e quella eccezionale della Biennale  1920 già collezione Pio Crespi a Dallas, oggi in collezione privata. Non cita la famosa “Maternità” particolarmente cara all’artista e alla critica, ignora gli imponenti  arcieri oggi al Quirinale e alla Banca d’Italia, le splendide sculture femminili presentate alle varie manifestazioni romane, tra cui la “Ragazza che si pettina” presente addirittura al Museo Nazionale Pompidou di Parigi, per limitarci solamente alla più nota. Ignora quel capolavoro assoluto che è la “Tomba Fraccacreta” a mio avviso l’opera tra le più significative del Novecento europeo e altresì la “Vittoria” nel cimitero di San Severo di Foggia come pure l’importantissimo “Monumento ai caduti” di Foggia, primo o tra i primi in Italia. Superfluo aggiungere che la componente concettuale e critica informata e motivata comunque presente nella scheda, fonda massimamente su quanto già espresso  da altri studiosi. Ovviando ad altre omissioni o distorsioni, particolarmente intrigante il fatto che in bibliografia non venga citato del critico  Piero Scarpa l’opera ‘Artisti Contemporanei’ del 1928  da cui l’estensore ha prodigalmente attinto bensì il cataloghetto in 24° del 1951 che contiene dieci  righe di presentazione  che tra l’altro è introvabile in quanto in dotazione della sola Biblioteca Hertziana! Quindi il suo servizio è della peggiore non-qualità. Anzi ci si chiede quanti anni ancora dovranno passare -ne sono trascorsi già oltre cinquanta!-  prima che siffatta fonte di maldicenza e di errori e di superficialità venga neutralizzata e messa in condizione di non vieppiù avvelenare la figura di Amleto Cataldi.  

                                                                                                          Michele Santulli

 

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