MONNA LISA E LAURETTE

Che ardire, si dirà, collocare queste due donne su uno stesso piano. E’ vero, è un’audacia, imperdonabile: l’una da sempre ammirata e studiata e contemplata da milioni di persone, l’altra quasi sconosciuta, nota solamente ai suoi cultori. In comune avevano solo che entrambe erano state modelle di artista, la prima, una volta solamente, accidentalmente e per una sola opera, ma di un gigante dell’arte occidentale, l’altra invece modella di professione e in particolare e maggiormente di uno solo, anche lei. Leonardo lavorò alla sua ‘Gioconda’ per tutta la vita ed è l’opera da cui non volle mai separarsi tanto che dando seguito all’invito di re Francesco I ad andare a progettare e a dipingere per lui in Francia, quando arrivò ad Amboise nel freddo pungente di un dicembre del 1515 o nei primi mesi del 1516, a cavallo di un mulo, con un suo amato allievo e un servitore, nelle sacche della cavalcatura conservava anche questo divino quadro, e se ne spiega dunque la sua presenza oggi al Museo del Louvre. Già alla sua epoca, per quelli che avevano avuto la fortuna di ammirare il dipinto, lo stupore e lo sbalordimento erano immensi alla visione di quella immagine. Già Giorgio Vasari scriveva:”…non si era mai visto niente di simile….e a tutti noi la bocca, non colore, ma carne pareva veramente. E chi guarda fisso il collo di Monna Lisa può contarvi i battiti del cuore, tanto sembra di vedere il pulsare del sangue nelle arterie….e il sorriso di Monna Lisa…è cosa più divina che umana…”. E siamo nel 1500, all’epoca di Leonardo dunque. E da allora quello che è stato scritto e commentato su questo dipinto ha fatto saltare tutti i conti.
E qui, nell’innamoramento dell’artista per il quadro da lui creato che necessariamente implica e prevede l’innamoramento per la effigiata, in questo momento possiamo stilare l’analogia, con la nostra Laurette. Laurette anche lei una donna, ma di umili origini, quasi analfabeta, modella di mestiere a Parigi, originaria di un paesetto sperduto nella bassa Ciociaria, su una montagna. Ma come Monna Lisa anche lei ebbe la ventura di imbattersi in un artista fuori del comune e durante un rapporto creativo durato dalla estate del 1916 al maggio-giugno 1917 egli la eternò e immortalò non in un solo dipinto ma in cinquanta. Noi sappiamo solamente che Leonardo non si separò mai dal suo dipinto fino alla morte e possiamo solo congetturare i sentimenti da lui nutriti per la sua modella ma nel nostro caso, di Laurette, noi conosciamo approfonditamente, pur se solo per deduzione e interpretazione, anche tutto quanto intercorse nell’arco della lunga relazione tra la modella e il suo artista, che si chiamava Matisse! Laurette rappresentò la nascita di una nuova stagione nella esistenza dell’artista, la fine del fauvismo e di tutti i suoi altri esperimenti, la fine di un mondo che possiamo seguire nelle numerose opere realizzate fino quel momento e l’inizio di una nuova epoca artistica e di una nuova esistenza pittorica: nuovi colori, nuovi soggetti, nuove espressioni, nuove visioni: un artista differente e questo lo si deve all’esperienza maturata e vissuta fianco a fianco con Laurette, in quel quarto piano di Quai St. Michel 19, di fronte all’Ile de la Cité, con la vista di Notre Dame. Quando sopraggiunse il momento della separazione, Matisse era maturato verso altre esperienze e differenti orizzonti e anche verso una esistenza differente. Infatti si trasferì a Nizza e anche i rapporti coniugali gradualmente mutarono, fino alla dissoluzione. Matisse operò dopo la esperienza con Laurette per quasi quaranta anni in altri contesti e ambiti artistici e pittorici che lo hanno reso un titano dell’arte occidentale del Novecento, affianco a Picasso. Nel gennaio del 1918 Laurette ormai tornata nel suo paesetto della Valcomino, mise al mondo Cesidio.
Matisse morì presso Nizza nel novembre del 1954 e quando gli esecutori testamentari e gli eredi fecero l’inventario delle opere presenti nel suo studio, notarono con stupore la presenza di due opere risalenti a quaranta anni prima: entrambe ritraevano Laurette, ‘la femme italienne’, come la chiamano ancora oggi gli eredi! Un quadro raffigurava Laurette mollemente seduta in una poltrona rosa avvolta in un accappatoio verde su uno sfondo nero oggi al Metropolitan Museum di New York che l’artista aveva esposto raramente, in un paio di esposizioni, e un altro quadro che tutti i presenti non conoscevano affatto e non avevano mai visto prima e che l’artista non aveva mai esposto e mai mostrato: raffigurava Laurette ma in una posizione diversa, distesa per terra in una movenza conturbante, la sola direi erotica nel canone delle opere dell’artista, con a fianco uno sgabello orientale con sopra una tazza di caffè, oggi al Museo Nazionale di Arte Moderna di Parigi. Parlando delle opere di questo artista si ha paura ad esprimere certi giudizi troppo taglienti ma ‘Laurette à la tasse de café’ ha requisiti tali e unici da poter venir considerato agevolmente la creazione più importante di Matisse. Infatti questo dipinto, come la Monna Lisa per Leonardo, rappresenta per Matisse il massimo, sia in senso artistico e sia in senso sentimentale. A dimostrazione anche in questo caso eccezionale che pur non essendosi né visti né sentiti né scritto per il resto della loro vita, il filo invisibile che teneva uniti il grande artista dal successo planetario e la umile modella ciociara si conservò veramente profondo e indistrutto: e, coincidenza fatale o premonizione, vennero meno il medesimo anno, a un mese di distanza l’uno dall’altro. Di Laurette si sono perse anche le tracce terrene, ne sono rimaste le sembianze in alcuni capolavori di Matisse che arricchiscono i più importanti musei del pianeta.

Michele Santulli

 

 

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