MARX, 150 ANNI DI CAPITALE

Ecco un’altra ricorrenza da tenere a mente oltre ai 500 anni dall’affissione delle 95 tesi di Martin Lutero sulla porta del duomo in Sassonia e ai cento anni dalla Rivoluzione Russa di ottobre, date fondamentali della umanità, nel bene e nel male, oggi 2017.
E il 16 settembre 1867, centocinquantanni fa, appariva presso un editore di Amburgo in Germania il primo volume dell’opera IL CAPITALE di Karl Marx, in lingua tedesca e in mille esemplari, circa 820 pagine, opera che dopo il Vecchio e il Nuovo Testamento, è stata quella dagli effetti e conseguenze più dirompenti e rivoluzionari per la società dell’uomo. Risultati di lavori intensissimi e profondissimi, spesso nelle condizioni economiche più disagiate che si possano immaginare, per la prima volta come in una sequenza cinematografica furono scandite alla vista dell’uomo le varie ed autentiche fasi della vita economica dell’umanità dai primordi, con particolare attenzione a quella dei prestatori d’opera occupati nelle varie attività industriali e imprenditoriali inglesi dell’epoca. E già oltre centocinquantanni fa quest’uomo appassionato e disinteressato, a seguito di studi e ricerche lunghe e travagliate, riuscì a mettere sul tavolo tematiche e situazioni e scoperte che, incredibile, oggi più che allora sono al primo posto tra i problemi che assillano gli uomini: la speculazione finanziaria, il capitalismo feroce e disumano, la globalizzazione, l’inserimento delle macchine nel processo produttivo cioè quella che oggi identifichiamo come automazione e le conseguenze, le crisi cicliche dovute soprattutto alla sovraproduzione, la delocalizzazione che mette gli operai l’uno contro l’altro, la concorrenza tra i capitalisti come una guerra che si giuoca solo sulle spalle degli operai, la disoccupazione e poi concetti per la prima volta apparsi: il plusvalore, lo sfruttamento endemico e scientifico dell’operaio da parte del datore di lavoro, il lavoro quale unica origine oggettiva del valore, l’origine e storia del capitalismo, le rivoluzioni nel corso dei secoli per il pane e per il lavoro, dovunque in Europa, la storia dell’economia politica: e poi l’analisi sistematica e scientifica e documentata dei fattori di produzione, della formazione del capitale, della formazione dei prezzi, la disamina e quasi autopsia delle teorie espresse a suo tempo dai grandi economisti inglesi dell’epoca quali Adam Smith, David Ricardo, J.Stuart Mill e la fallacia, secondo Marx, di tante loro deduzioni economiche. In realtà l’economia capitalista significa produzione per il profitto non per il bisogno, cioè prima il capitale e il profitto e poi la produzione: il salario distribuito all’operaio corrisponde solo in piccolissima parte al lavoro/valore effettivamente prodotto a vantaggio del capitalista.
Ma qui ci arrestiamo. Rammentiamo solamente che le parole ed osservazioni espresse da Karl Mark, sempre ed ancora ostacolate e combattute dal sistema ovunque, sono pur sempre sia fonte di insegnamento sia motivo di riflessione e di attenzione.
Il sistema di potere, demagogigamente e perversamente a danno della collettività, ha messo l’uno contro l’altro sia Karl Mark sia Gesù Cristo, facendoli passare come l’uno opposto dell’altro, l’uno incompatibile con l’altro. Peccato che l’ignoranza e la non conoscenza delle fonti e della verità porti in generale l’uomo a prestare ascolto ai falsi profeti, quasi sempre demagoghi e non di rado veri e propri imbonitori da strada. Erano tutti e due ebrei, tutti e due solleciti del bene e del futuro degli uomini, tutti e due predicatori instancabili sulla propria pelle, tutti e due impegnati fino in fondo ad indicare la via giusta per conseguire la meta ideale: nemmeno Gesù Cristo nulla poté contro la servitù economica della sua epoca, già Gesù sperimentò la disperazione e il disagio dell’uomo originati dalla servitù economica e la disoccupazione, lui per primo parlò che la ricompensa debba fondarsi esclusivamente sulle esigenze e necessità della esistenza del prestatore d’opera e non sulle ore di lavoro ecc. cioè sul giusto salario; per primo al mondo dichiarò che colui che voleva seguire il suo insegnamento e abbracciare il suo mondo doveva rinunciare a tutti i suoi beni ed averi; per primo, mille e ottocento anni prima di Marx, espressamente e ripetutamente dichiarò che in un mondo di libertà e di giustizia non c’era spazio per gli epuloni e per i capitalisti, che vanno perciò condannati senza pietà.
Il Vangelo di San Matteo sono poche pagine, facili da leggere ma quale miniera! Lo stesso il ‘Manifesto’ di Marx, poche pagine ma quali spiragli e che orizzonti. Ma questi sono vecchi argomenti: la risposta ai quali, ma quella vera e sincera, spetta ad ognuno di noi, individualmente. Alberto Moravia, il grande scrittore, anche lui ebreo, già nel 1944 si cimentò con questa antica antinomia, come invero tale fatta apparire: Cristianesimo-Comunismo e scrisse un libriccino di poche pagine reperibile nel commercio antiquario o nelle biblioteche, intitolato: La Speranza. E si vedrà come le strade e i percorsi che portano alla Città Eterna, siano sostanzialmente i medesimi.

Michele Santulli

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