RODIN, BALZAC E CELESTINO MODELLO CIOCIARO

Già mettere assieme due titani dell’arte occidentale quali Honoré de Balzac e Auguste Rodin affianco ad una umilissima creatura quale Celestino, modello ciociaro, apparirà agli occhi di non pochi lettori quale una profanazione e una specie di eresia. Eppure di tali miracoli, perché tali sono, avvengono nella Storia dell’Arte e quest’anno centenario della morte di Rodin, vogliamo ricordare un tale miracolo.
Nel 1939 all’incrocio cruciale denominato Vavin di Boulevard du Montparnasse con Boulevard Raspail a Parigi fu collocata, proprio al centro dello spartitraffico di fronte al famoso caffè La Rotonde, la scultura in bronzo gigantesca alta 2,70 m circa di Rodin che raffigura lo scrittore Honoré de Balzac. L’artista verso il 1890 aveva ricevuto l’incarico prestigioso di un monumento da erigere in onore dello scrittore: vi lavorò per sei-sette anni, in modo scrupolosissimo, dopo essersi letto quasi tutte le sue opere, essere stato nella sua città di origine e tante volte, di aver indagato e investigato su ogni singolo aspetto della sua esistenza perfino il tipo di calzature o il tipo di cappotto che preferiva indossare: realizzò decine e decine di bozzetti in terracotta, in gesso, centinaia di schizzi: alla fine la commissione dei letterati trovò inaccettabile e inadeguato il bozzetto finale del monumento proposto e lo rifiutò: grande delusione dell’artista che, restituita la caparra, comunque portò l’opera a compimento, acquistata poi da altri committenti, come pure anche altri numerosi busti e immagini del grande scrittore che parimenti realizzò nel corso dell’attività. Nello studio rimase solo il calco in gesso pronto per la fusione di una scultura alla quale l’artista annetteva estremo valore e alla quale aveva lavorato e sperimentato più a lungo e alla quale continuò a lavorare negli anni a venire: un’opera d’arte suggestiva e impressionante, anche nelle misure, certamente tra le più imponenti delle sue opere, che mostra un Balzac altero e orgoglioso, lo sguardo intenso dalle occhiaie incavate rivolto lontano all’orizzonte, la chioma quasi leonina al vento, avvolto nel saio domenicano nel quale compiaceva avvilupparsi quando alla scrivania: una fisionomia coinvolgente, conturbante perfino terrificante, differente e diversa da quella che vediamo nelle altre opere come pure dalle opere che segnavano lo stile dell’epoca: Rodin è questa la sola creazione in cui si è allontanato dai suoi stilemi e criteri di successo che insistono, come si sa, sulla apparenza e sulla bella forma o originalità della creazione: nel Balzac in questione invece ha voluto procedere su altri sentieri, procedere nella introspezione, scandagliare la psicologia interiore, per rendere visibile e restituire, questa volta nel modo più compiuto, la parte inaccessibile, cioè l’indole e l’anima dell’eccelso scrittore, penetrandone la sua intimità nascosta e trasferire il tutto nella espressione del volto, il solo e vero veicolo di trasmissione dei sentimenti e delle sensazioni. Quale risultato davanti ai nostri occhi!
Gli amatori d’arte e i cultori la considerano addirittura il capolavoro autentico dell’artista e quindi del secolo. Ora si trova in questo grandioso snodo stradale di Montparnasse/Raspail che è stato sempre uno se non il luogo di ritrovo artistico e cosmopolita più significativo e più ricercato di Parigi nel corso della Terza Repubblica, vale a dire dal 1870 fino allo scoppio della Seconda G.M: sull’altro lato del boulevard si trovano luoghi di ritrovo famosissimi e amatissimi nella storia occidentale: le Dôme, la Coupole, le Select e a un tiro di schioppo la Clôserie des Lilas, dove l’infelice Modigliani amava rifugiarsi di preferenza e inebriarsi e a pochi metri anche la celebrata scuola di disegno, Académie Colarossi, fondata dal ciociaro Filippo Colarossi e a pochi metri un’altra scuola di disegno pure fondata da ciociari l’Académie Vitti. E qui il Balzac di Rodin su un piedistallo di granito alto circa 1,20 m assiste solenne e indifferente dalla sua altezza possente, distaccato, quasi trasceso e trasfigurato, a quanto si svolge attorno a lui. Chi dunque aveva dato il proprio volto al Balzac di Vavin? Era successo che Rodin, dopo sei-sette anni di studi e di prove e di schizzi, alla fine, dopo anni ancora che ormai l’ordine originario era stato annullato dai committenti, riuscì a trovare finalmente il sembiante appropriato che gli balenava in mente e che riteneva il più idoneo a far rivivere l’anima del grande scrittore, più che la fisionomia veritiera: la faccia scultorea, scavata e marcata e solcata dalla fatica e dai sacrifici, quasi una maschera di sofferenze, le occhiaie immense, le chiome lunghe e incolte: il volto dell’umile creatura ciociara, Celestino Pesce, figlio di Serafino, da Gallinaro in Valcomino. Solo la grande arte può far rivivere certi miracoli: Celestino è divenuto Balzac! E Balzac… Celestino!
Nella agenda privata di Rodin, dove la lista dei modelli era di solito annotata con qualche peculiarità, affianco a Celestino troviamo scritto di pugno dell’artista: Balzac! Nel libro “MODELLE E MODELLI CIOCIARI a Roma, Parigi e Londra 1800-1900” che molto raccomandiamo, si parla anche di Celestino. Anche se non si ama ripeterlo, Rodin stesso ad alcuni amici confessò che questa opera specifica, il Balzac solenne oggi a Vavin, rappresentava il risultato di tutta una vita: perciò difficilmente a valutare il fatto che nella trattazione comune che si fa di questa scultura in particolare, così pregna di significato nel canone delle opere dell’artista, il nome del modello non venga mai pronunciato; come pure è ancora più arduo e direi anche imbarazzante, a valutare il fatto che il Museo Rodin medesimo ignori totalmente Celestino, ancora oggi, dopo cento anni!

Michele Santulli

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