I costumi regionali tradizionali più noti sono quello scozzese, quello tirolese, quello bavarese, ’olandese e qualche altro. Ma l’unico illustrato e ripetuto dalla maggior parte degli artisti europei, dai maggiori ai minori, per almeno centocinquantanni, è un altro: il costume ciociaro cioè la vestitura che gli artisti europei vedevano addosso a uomini e donne sia a Roma e sia nelle località al suo sud e, poi, a Parigi e Londra, originari di certe località sperdute di Terra di Lavoro tra i fiumi Liri e Garigliano. E pertanto tutti conoscono il costume scozzese, quello tirolese, ecc. e nessuno o quasi, quello ciociaro, pur dunque infinitamente documentato e illustrato: ogni giorno nei musei ovunque nel mondo milioni di visitatori sono davanti a un quadro con personaggi ciociari oppure una scultura di una modella o un modello ciociari. Una apoteosi autentica.
Invece da sempre, ancora oggi per identificarli: figure romane, campagnolo, laziale, romanesco, campagna romana, pontine, abruzzesi, napoletani, italiana, calabresi perfino tirolesi, zingari, baschi, savoiardi… mai o quasi mai: ciociaro! Rammentare, per soffermarci alla crema, che pure Degas, Manet, Corot, Boecklin, Turner, Leighton, Giacinto Gigante, Hayez, addirittura Cézanne,Van Gogh e Picasso e Severini e Boccioni e Scipione hanno dipinto il personaggio in costume ciociaro, allora veramente ci si pone la questione: e la Storia dell’Arte? Quale altro soggetto ha meritato la firma di tali artisti? Come è possibile tale reticenza all’impiego del solo termine corretto e storicamente documentato per connotare queste opere e questi personaggi? Fu aperta dunque una nuova pagina nella Storia dell’Arte Occidentale che gli artisti stessi definirono “pittura di genere all’italiana”, alla quale se ne aggiunse una seconda dal titolo: i “modelli di artista”. E ad un certo punto, verso la metà del 1800, il ‘ciociaro’ era considerato quasi la lingua franca europea degli artisti, un autentico patrimonio della umanità occidentale: se si visita il grandioso complesso della Bourse du Commerce nel centro di Parigi si avrà la prova visibile del valore di lingua franca del personaggio in costume ciociaro nel 1800: l’immenso affresco sotto la cupola illustra i continenti attivi nel commercio internazionale: il continente Europa è illustrato da una giovane coppia di ciociari, a significare che all’epoca in Europa erano i soli a poterla rappresentare perché conosciuti in tutto il mondo!
Ecco dunque il momento fatale: la istituzione della pinacoteca del costume ciociaro che avrebbe per risultato non solo di divenire luogo di godimento e di gratificazione alla contemplazione delle opere esposte ma altresì essere un richiamo internazionale, cioè il luogo di riferimento di quello che è stato il soggetto più amato e più ripetuto dagli artisti europei e che i massimi pittori e scultori, ma anche compositori e letterati, hanno eternato nelle loro opere, ruolo naturale di richiamo e di attrazione e di riferimento cosmopolita per tale riconosciuto protagonista dell’arte occidentale.
La pinacoteca di cui stiamo scrivendo non esaurisce la sua funzione nel suo ruolo di prestigio e di avanzamento sociale e civile del luogo che la ospiterebbe e nel godimento delle opere d’arte in esposizione ma susciterebbe il bisogno logico e comprensibile di approfondire tutto l’apparato sociale pertinente: gli abiti, i canti, gli utensili e strumenti musicali, le strutture, i rapporti internazionali, il cosmopolitismo, l’emigrazione, i contesti storici e mille altro. E si immaginino quanti esiti e risultanze impliciti in tale realizzazione, alla presenza ovviamente di una gestione oculata e professionale.
Si ricordi che la Ciociaria pontina è dotata nel suo capoluogo di non poche attività museali laddove Frosinone, che è pur sempre lo zoccolo duro della Ciociaria è, si dice, il solo capoluogo d’Italia, oggi, ad essere privo di una pinacoteca: una non-scelta degli uomini politici locali, sicuramente una infausta contingenza: una Terra, ‘la nobile’ Terra madre di Roma, non solo patria e origine del personaggio in costume ciociaro ma altresì giacimento sconosciuto di artisti, di letterati, di scienziati, di papi e di santi, di patrimonio documentario, folklorico, artigianale, industriale (sì, industriale), agricolo, di opere d’arte e di beni archeologici e storici, di contributi alla civiltà europea inimmaginabili, dove una pinacoteca potrebbe rappresentare, tra l’altro, un volano di innovazioni e di vero progresso, senza evidenziare il carattere addirittura consustanziale, cioè unico e irripetibile, tra costume ciociaro e suo luogo di nascita e pertanto: zero!
Va aggiunto che in effetti sede altrettanto auspicabile della pinacoteca del costume ciociaro potrebbe essere anche Cassino, vera porta del Sud della Ciociaria dove in realtà tutto è nato e iniziato, in Valcomino, a un tiro di schioppo. Anzi se si tiene a mente che centinaia di migliaia di visitatori salgono ogni anno le sacre balze di Montecassino, ecco che allora la pinacoteca del costume ciociaro potrebbe rappresentare per la città veramente quel valido e stimolante motivo di richiamo da anni agognato per ottenere finalmente che i visitatori del Monastero trovino invogliante e gratificante arrestarsi e fare sosta pure in città.
Michele Santulli