Si sa che i costumi regionali considerati più noti e sempre attuali sono quello scozzese, quello tirolese, quello bavarese, quello olandese e qualche altro. Eppure l’unico costume illustrato e ripetuto dalla maggior parte degli artisti europei, dai maggiori ai minori, per almeno centocinquantanni, è un altro: il costume ciociaro cioè la vestitura che gli artisti europei vedevano addosso a uomini e donne sia a Roma e sia nelle località al suo sud e naturalmente a Parigi e Londra. E pertanto tutti conoscono il costume scozzese, quello tirolese, quello bavarese, olandese ecc. e nessuno o quasi nessuno quello ciociaro, pur se infinitamente e enormemente più documentato e illustrato. Meglio: tutti i visitatori dei musei al mondo conoscono e ammirano il costume ciociaro: solo che non sanno come si chiama e dove si indossa! Naturalmente le istituzioni ciociare stesse sono state, e sono ancora, le più ignave e ignare, dilapidando una realtà di richiamo e di attrazione nonché di alto valore culturale: in Ciociaria non esiste nelle istituzioni nemmeno un quadro d’epoca che illustri il costume ciociaro! Ed è detto tutto. Non parliamo poi di una pinacoteca del costume ciociaro! La provincia di Latina, con esclusione del museo archeologico che non si nega a nessuno, ha diversi e vari musei e gallerie: a Frosinone zero completo e così nelle altre città. E i deputati europei locali per i quali il costume ciociaro potrebbe rappresentare un vessillo e un emblema, sono altrettanto ostici e inconsapevoli: ignari, a dir poco, che nell’ottocento è stato quasi una lingua franca dell’arte europea e non solo nella pittura.
Laddove in Scozia, in Austria, in Baviera il costume viene indossato in ogni manifestazione pubblica o sociale, normalmente e naturalmente, consapevoli anche di rendere omaggio e di coltivare la propria memoria storica e le proprie radici, senza esibizionismi e affettazione alcuna, in Ciociaria si direbbe che si proceda all’inverso e all’incontrario: il costume ciociaro non fa parte della vita sociale e pubblica, non esiste! Mentre altrove è ragione di prestigio e onore indossarlo in tutte le pubbliche e civili circostanze, qui in Ciociaria è onta, motivo di vergogna, tale e tanto è il livello (in)culturale. La scuola di ogni ordine e grado rappresenta sempre la via maestra principale al conseguimento di tale civile finalità anche da noi.
Una riprova della incivile depressione su questo argomento che attanaglia la Ciociaria si riscontra in maniera a mio avviso imperdonabile, proprio dal territorio dove il costume ciociaro è nato, e non solo il costume: dalla Valcomino. Infatti sono ormai alcuni anni che nell’ultima settimana di agosto quasi tutti comuni della Valle sono stati protagonisti delle varie iniziative realizzate dagli organizzatori del ‘Festival delle Storie’, iniziative ovviamente tutte di bel livello e impegnate. Ma se si va con la mente al programma e cioè “scommettere sulla propria identità”, coltivare “l’esercizio della memoria”, promuovere il progresso attraverso la cultura, allora il disappunto è grande, non avverso gli organizzatori del Festival che hanno offerto quanto da loro programmato e voluto, bensì avverso i sindaci dei Comuni che hanno ospitato le rispettive iniziative: cioè è difficilmente accettabile che i Sindaci abbiano ignorato completamente e totalmente ‘la memoria’ dei propri Comuni, cioè il tessuto storico della propria tradizione, rimettendosi in toto a quanto gli organizzatori del Festival hanno proposto e fornito, senza riguardo e richiamo alcuno a tale memoria storica, a tale ‘identità’. Cioè è biasimevole che si possa parlare ad Atina e di Atina, agli atinati stessi e agli ospiti convenuti, ignorandone completamente la storia o quanto meno alcune sue pagine che ne sono da secoli il suo biglietto da visita. Lo stesso a Picinisco, ignorandone non dico le sue personalità storiche che la onorano, quanto perfino i modelli di artista emigrati per fame e miseria già dal 1850 che oggi, al contrario, a Londra sono letteralmente sotto gli occhi del mondo intiero ogni momento della giornata. Lo stesso a Gallinaro e dimenticare completamente che è stata la Sionne, la Giverny dei modelli di artista: è umiliante oltre che offensivo non rammentare continuamente ai cittadini e ai visitatori Loreta Arpino o Cesidio Pignatelli o Carmela Caira, personaggi presenti anche essi sotto gli occhi di milioni di persone ogni giorno in tutto il mondo, e invece il sindaco acconsente che si presenti il ‘tarocco del veggente’… A Casalvieri pure vanno bene i ‘tarocchi col tessitore’ ma è a mio avviso perfino riprovevole che il sindaco non richieda e imponga, prima di tutto e tutti, la presentazione o il ricordo della figura di Coluche, al quale è difficile rinvenire una città francese a partire da Parigi che non gli abbia dedicato una via o una piazza o un teatro o una biblioteca o un parco: invece zero completo nella patria dei suoi padri. Sono i sindaci che hanno consentito passivamente, magari pagando pure, che si realizzasse un tale sfregio alla storia e alla memoria dei Comuni da loro amministrati anzi a mio avviso, disamministrati.
Michele Santulli